Nel
caso di specie, la Corte di Appello di Trieste aveva confermato, riunendo i
giudizi, le tre sentenze di primo grado che avevano respinto le opposizioni proposte
da un’impresa di costruzioni avverso le cartelle esattoriali alla stessa
notificate per il pagamento, a favore
dell’Inps, dei contributi previdenziali e relative sanzioni civili in
conseguenza di un rapporto di lavoro subordinato che era stato denunciato come
autonomo.
La
Corte del merito, premesso che l’impugnazione della società aveva riguardato
solo l’ammontare delle sanzioni civili applicate dall’Inps per il mancato
pagamento dei contributi relativi al rapporto anzidetto, aveva ritenuto:
a)
che
fossero dovute, ratione temporis, le
sanzioni nella misura di cui alla Legge n.662/96, trattandosi di un credito esistente
alla data del 30 settembre 2000, accertato dall’Inps con verbale del maggio
2000;
b)
che ricorreva un’ipotesi di evasione
contributiva e non già di omissione contributiva, posto che questa presuppone
che il datore di lavoro, pur avendo provveduto alla denuncia del rapporto,
abbia omesso il pagamento dei contributi, mentre nella specie il rapporto
subordinato non era stato denunziato, ma era stato accertato a seguito di una
ispezione e successivamente per via giudiziale.
Avverso
questa sentenza, la società aveva proposto ricorso per Cassazione e,
denunciando violazione e falsa applicazione dell’art.116, comma 18, della Legge
n.388/2000, aveva dedotto che tale disposizione, nel sancire che, per i crediti
in essere ed accertati al 30 settembre 2000, le sanzioni sono dovute nella
misura e secondo le modalità fissate dai commi 217 e seguenti dell’art.1 della
Legge n.662/96 e che il maggior importo versato, pari alla differenza tra
quanto dovuto ai sensi dei predetti commi e quanto calcolato in base all’applicazione
della Legge n.388/2000, costituisce un credito contributivo nei confronti
dell’Ente Previdenziale che potrà essere posto a conguaglio ratealmente nell’arco
di un anno, costituirebbe una norma di favore per il contribuente di immediata
applicabilità.
A
questo proposito, la ricorrente aveva aggiunto, che la questione non riguarderebbe un effetto retroattivo della norma,bensì la
sussistenza di un regime sanzionatorio più favorevole, che si applicherebbe a
tutti i casi non esauriti, ivi compresi quelli precedenti per i quali sia sorta
una controversia innanzi all’autorità giudiziaria.
L’azienda,
inoltre, aveva sostenuto che, nella specie, ricorrerebbe una ipotesi di
omissione contributiva e non già di evasione contributiva.
Quest’ultima
infatti presuppone, a norma dell’art.116, comma 8, della Legge n.388/2000, che
il datore di lavoro occulti il rapporto di lavoro in essere ovvero le
retribuzioni erogate, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o
i premi, evenienza questa nella specie non ricorrente, essendo stata la natura
subordinata del rapporto accertata in via giudiziale.
La
ricorrente aveva poi sostenuto che, quand’anche si ritenesse applicabile nella
fattispecie in esame l’art.1, comma 217, della Legge n.662/96, in ogni caso,
ricorrerebbe una ipotesi di omissione e non già di evasione contributiva,
atteso che la società, ritenendo autonomo il rapporto di lavoro in
contestazione, aveva denunciato il rapporto, provvedendo al versamento dei
contributi alla Cassa Geometri, circostanza questa che escluderebbe l’evasione.
L’azienda,
infine, aveva censurato la Corte del
merito perché avrebbe omesso di spiegare in base a quali elementi di fatto
avesse ritenuto che la società avesse voluto occultare la natura subordinata
del rapporto. Peraltro, la ricorrente aveva ricordato come l’INPS, nella Circolare n.74/2003, avesse
chiarito che la simulazione di un rapporto di lavoro subordinato, ipotesi che
si verifica in presenza di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
o rapporti di natura autonoma successivamente individuati come subordinati,
configuri, ai fini sanzionatori, un’omissione contributiva.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto fondate le doglianze predette,
ricordando come la stessa Corte di legittimità avesse più volte affermato che,
in tema di sanzioni civili per omissioni contributive, la Legge n.388/2000, in
deroga al principio tempus regit actum,
abbia sancito la generalizzata applicazione del sistema sanzionatorio previsto
dalla Legge n.662/1996, a tutte le omissioni contributive, in qualunque tempo
poste in essere, purché esistenti ed accertate alla data del 30 settembre 2000,
contemperando la voluntas legis, da
un lato, l’esigenza di applicare con effetto retroattivo la nuova disciplina
più favorevole e, dall’altro, di evitare di interferire sulle attività di
cartolarizzazione e di iscrizione a ruolo, già effettuate sulla base della
disciplina precedente, mantenendo ferme le penalità di cui alla legge n.662
citata, ma riconoscendo alle aziende sanzionate in modo più consistente, un
credito contributivo allo scopo di alleggerirne l'impatto (1).
Al
riguardo, infatti, gli ermellini hanno rammentato che il legislatore -
consapevole che una modifica "in corsa" sui meccanismi di calcolo
delle sanzioni avrebbe comportato la necessità per gli enti previdenziali di
effettuare complessi procedimenti di correzione - ha evitato di interferire
sulla attività di cartolarizzazione e di iscrizione a ruolo, già effettuati
sulla base della disciplina precedente, disponendo che a tutte le omissioni,
esistenti ed accertate a quella data, si applicano le sanzioni di cui alla Legge
n.662/1996, ma riconoscendo poi, alle aziende che pagano queste più consistenti
sanzioni, un credito contributivo.
Ed
infatti, il maggiore importo versato, pari alla differenza fra quanto dovuto ai
sensi dell’art.1, comma 217, della Legge anzidetta e quanto calcolato in base
all'applicazione dei commi da 8 a 17 dell’art.116 della Legge n.388/2000,
costituisce un credito contributivo nei confronti dell'Ente Previdenziale, che
potrà essere posto a conguaglio ratealmente nell'arco di un anno, tenendo conto
delle scadenze temporali, previste per il pagamento dei contributi e premi
assicurativi correnti, secondo le modalità operative fissate dall’Istituto.
Sul
punto, inoltre, la Suprema Corte ha aggiunto che la possibilità di conguaglio
costituisce un mero risvolto pratico successivo al pagamento delle sanzioni
secondo il sistema delineato dalla Legge n.662/1996, che resta obbligatorio,
giacché, solo a seguito di detto pagamento si potrà operare la compensazione
(ratealmente nell'arco di un anno) tra la maggiore sanzione, già pagata, ed i
contributi correnti da pagare.
Al
termine di questa premessa, la Cassazione, osservando come la questione al
vaglio riguardi le sanzioni esistenti ed accertate alla data del 30 settembre
2000, ha conseguentemente accolto la doglianza formulata sul punto dalla
ricorrente.
Affrontando,
poi, le altre censure aziendali, gli ermellini hanno ricordato che l'art.1,
comma 217, della Legge n.662/1996 - applicabile nella specie ratione temporis -, testualmente recita:"I soggetti che non provvedono entro il
termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni
previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a
quella dovuta, sono tenuti, nel caso di mancato o ritardato pagamento di
contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o
registrazioni obbligatorie, al pagamento di una somma aggiuntiva, in ragione
d'anno, pari, in caso di evasione connessa a registrazioni o denuncie
obbligatorie omesse o non conformi al vero, oltre alla somma aggiuntiva di cui
alla lettera a), al pagamento di una sanzione, una tantum, da graduare secondo
criteri fissati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro del tesoro, in relazione alla entità dell'evasione
e al comportamento complessivo del contribuente...".
Sulla
materia è intervenuto successivamente l'art.116, comma 8, della Legge n.388 del
23 dicembre 2000, che ha così disposto:"I soggetti che non provvedono entro il
termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni
previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a
quella dovuta, sono tenuti:
a) nel caso di
mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è
rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione
civile, in ragione d'anno, pari...;
b)
in caso di evasione connessa a registrazioni o
denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, cioè nel caso in cui il
datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o
premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate, al
pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari...".
Con
la nuova disciplina, pertanto, il legislatore ha precisato che, ai fini della
realizzazione della fattispecie della evasione contributiva, le registrazioni o
le denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero devono avere il fine
specifico di non versare i contributi o premi, occultando così il rapporto di
lavoro in essere o le retribuzioni erogate.
A
tale riguardo, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato (2) il seguente principio
di diritto: "In tema di obbligazioni
contributive nei confronti delle gestioni previdenziali e assistenziali, la
mancata presentazione del modello DM/10 (recante la dettagliata indicazione dei
contributi previdenziali da versare) configura la fattispecie della evasione -
e non già della semplice omissione - contributiva, ricadente nella previsione
della lettera b) dell'art.1, comma 217, della Legge n.662/1996, che commina una
sanzione "una tantum" il cui pagamento (alla stregua della modifica
apportata al predetto comma dall'art.59 della Legge n.449/1997) può essere
evitato effettuando la denuncia della situazione debitoria spontaneamente
(prima, cioè, di contestazioni o richieste da parte dell'ente) e comunque entro
sei mesi dal termine stabilito per il pagamento dei contributi, purché il
versamento degli stessi sia poi effettuato entro trenta giorni dalla denuncia
(cd. ravvedimento operoso), senza che, in subiecta materia, spieghi influenza
l’entrata in vigore dell'art.116, commi 8 ss., della Legge n.388/2000
(configurante la fattispecie dell'evasione contributiva in termini diversi e
più favorevoli al datore di lavoro), attesante la indiscutibile inapplicabilità
alle vicende precedenti alla sua entrata in vigore".
Sempre
secondo l’indirizzo fornito dalle Sezioni Unite, la fattispecie dell’omissione contributiva, in
sostanza, deve ritenersi limitata all’ipotesi del (solo) mancato pagamento da
parte del datore di lavoro, in presenza di tutte le denunce e registrazioni
obbligatorie necessarie, mentre la mancanza di uno solo degli altri, necessari
adempimenti - in quanto strettamente funzionali al regolare svolgimento dei
compiti d’istituto dell’Ente Previdenziale - è sufficiente ad integrare gli
estremi dell’evasione. Con la conseguenza che nelle ipotesi in cui le denunce
obbligatorie non siano state presentate è integrata la fattispecie legale
sanzionabile, anche qualora i dipendenti risultino registrati nei libri
matricola.
Tanto
premesso, il Collegio ha precisato che la fattispecie in esame presenta aspetti
diversi da quelli esaminati dalle Sezioni Unite.
Nel
caso di specie, infatti, non risulta affatto che il datore di lavoro abbia
omesso registrazioni o denunce obbligatorie ovvero che queste fossero non
conformi al vero (3).
Risulta
viceversa che la società ricorrente avesse stipulato con il lavoratore un
contratto qualificato dalle parti quale
autonomo, rapporto denunziato, come evidenziato dalla sentenza impugnata, alla
Cassa Geometri, alla quale erano stati versati i relativi contributi.
Il
successivo accertamento giudiziale della natura subordinata del rapporto,
pertanto, non vale ad integrare la fattispecie della evasione contributiva,
poiché, da un lato, dagli elementi acquisiti al processo non risulta che vi
fosse da parte della società la volontà o il deliberato proposito di occultare
il rapporto di lavoro, dall’altro, il datore di lavoro aveva regolarmente
denunziato il rapporto di lavoro quale autonomo, ancorché allo stesso sia stata
poi attribuita per via giudiziale una qualificazione giuridica diversa da
quella convenuta dalle parti.
Del
resto, ritenere che nell’ipotesi di erronea qualificazione del rapporto
conseguente ad incertezze sulla sua natura ricorra l’ipotesi di evasione
contributiva, significherebbe attribuire alla disciplina di cui alla Legge
n.662/1996 un significato che essa non solo non ha, ma che nemmeno è desumibile
dal tenore delle relative disposizioni, le quali fanno riferimento a registrazioni
o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero.
In
relazione all’ipotesi dianzi indicata, ne deriva, dunque, che l’Istituto ha diritto di richiedere alla
società ricorrente le sanzioni civili ai sensi dell’art.1, comma 217, lettera
a), della Legge n.662/96 e non già in base alla lettera b) dello stesso
articolo.
Sulla
base delle considerazioni sopra riportante, pertanto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata,
formulando il seguente principio di diritto:
“Nel vigore della Legge n.662/1996, in
tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali e
assistenziali, il datore di lavoro che abbia denunziato il rapporto di lavoro
quale autonomo, così come qualificato dalle parti, ed abbia provveduto al
versamento dei contributi al relativo ente previdenziale, deve pagare, in caso
di obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede amministrativa o
giudiziale, le sanzioni civili per omissione ai sensi dell’art.1, comma 217,
lettera a), della suddetta Legge e non già per evasione contributiva”.
Il
giudice del riesame, indicato in dispositivo, nel riesaminare la causa, dovrà
attenersi ai principi sopra indicati, provvedendo anche alle spese del presente
giudizio di legittimità.
Valerio
Pollastrini
1)
-
Cass., Sentenza n.2385 del 5 febbraio 2007; Cass., Sentenza n.22001 del 1°
settembre 2008; Cass., Sentenza n.22414 del 22 ottobre 2009;
2)
-
Cass. SS.UU., Sentenza n.4808 del 7 marzo 2005;
3)
-
come stabilito dall’art.1, comma 217, della Legge n.662/96;
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