Nel
caso di specie, la Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza del
Tribunale di Cassino, aveva rigettato l’opposizione della ASL avverso i decreti ingiuntivi emessi, su istanza
di alcuni medici ed operatori sanitari, a titolo di differenze retributive
relative ai giorni di riposo non goduto, avendo gli stessi prestato servizio di
pronta reperibilità in giorni festivi.
Nel
motivare la propria decisione, la Corte del merito aveva ricordato che l'art.18 del DPR n.270/1987, richiamato
dall'art.44, n.1, del CCNL del comparto sanità, così come l'art.20, n.6, del
CCNL area dirigenza medica, prevedevano che, nel caso di coincidenza della
pronta disponibilità con una giornata festiva, al dipendente spettasse un
riposo compensativo senza riduzione dell'orario di servizio settimanale.
In
virtù, della suddetta disciplina, pertanto, la Corte del merito aveva precisato
che non si potesse dubitare del diritto
dei lavoratori ad ottenere la compensazione monetaria afferente la mancata
fruizione del riposo compensativo nelle giornate di pronta reperibilità per cui
era causa.
D'altro
canto, una diversa interpretazione non avrebbe consentito ai dipendenti di
beneficiare del previsto riposo compensativo, da ritenersi comunque irrinunciabile
a noma dagli artt.36 Cost. e 2109 cc.
Avverso
questa sentenza, la ASL aveva proposto
ricorso per Cassazione, e, deducendo violazione della disciplina contenuta nel
Contratto Collettivo di riferimento, aveva chiesto alla Suprema Corte se la
mancata fruizione del giorno di riposo compensativo potesse essere monetizzata.
Secondo
quanto sostenuto dalla ricorrente, i
dipendenti non avrebbero mai chiesto di volere usufruire di un giorno di riposo
compensativo.
Quale
ultima censura, la Asl aveva lamentato, infine, che, secondo le richiamate
norme contrattuali, la reperibilità prestata in giorno festivo non implicherebbe
una prestazione lavorativa tale da confliggere con il principio
dell'irrinunciabilità del diritto al riposo settimanale.
Investita
della questione, la Cassazione, alla luce di uno specifico precedente della
giurisprudenza di legittimità (1), ha ritenuto
fondate le predette doglianze.
Premesso
che, nei casi di specie, il compenso era stato richiesto in assenza di
prestazione lavorativa, c.d.
reperibilità passiva, gli ermellini hanno rilevato che la giurisprudenza della
Cassazione ha già più volte affrontato le tematiche sollevate in ricorso,
osservando che la reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si
configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente
diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell'obbligo del dipendente di
porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio
orario di lavoro, in vista di un'eventuale prestazione.
Conseguentemente,
il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale
limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e
comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo
stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal
giudice, mentre non comporta, salvo specifiche previsioni, il diritto ad un
giorno di riposo compensativo, il cui riconoscimento, attesa la diversa
incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo
svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, non può trarre
origine dall'art.36 della Costituzione, ma la cui mancata concessione è idonea
ad integrare un'ipotesi di danno non patrimoniale da fatto illecito o da inadempimento
contrattuale, che è risarcibile in caso di pregiudizio concreto patito dal
titolare dell'interesse leso, sul quale grava, però, l'onere della specifica
deduzione e della prova (2).
Rilevando
come l’impugnata sentenza si fosse discostata dai suddetti principi, la
Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso.
Valerio
Pollastrini
1)
–
Cass., Sentenza n.9316/2014;
2)
-
Cfr., ex plurimis, Cass., Sentenze nn.27477/2008; 14439/2011; 14288/2011;
11727/2013;
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