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venerdì 19 dicembre 2014

Il lavoratore tenta di copiare o rubare modelli aziendali – Legittimo il licenziamento

Nella sentenza n.26744 del 18 dicembre 2014, la Corte di Cassazione, nel confermare la legittimità del licenziamento irrogato ad un lavoratore che aveva tentato di copiare o rubare dei modelli aziendali, si è soffermata sui criteri di analisi relativi alla specificità della contestazione disciplinare.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Bari aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale del primo grado aveva rigettato la domanda proposta da un dipendente nei confronti della società ex datrice di lavoro, diretta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli in data 27 gennaio 2005, con ogni conseguenza sul piano reintegratorio e risarcitorio.

Nella premessa, la Corte del merito aveva ricordato che l’appellante, dipendente della predetta società dal 10 marzo 2001, con le mansioni di modellista, riconducibili al 6° livello del CCNL di settore, era stato prima sospeso per motivi disciplinari in data 30 dicembre 2004 e poi, in data 27 gennaio 2005, licenziato per aver tentato di sottrarre o ricopiare forma, modelli e disegni.

Ritenuto pienamente provato l’addebito, il giudice dell’appello aveva concluso per la  legittimità del licenziamento per giusta causa.

Avverso questa sentenza, il dipendente aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra l’altro, l’illegittimità del recesso, in quanto non preceduto dalla specifica, preventiva contestazione dell’addebito, in violazione dell’art.7 della Legge n.300/1970 e dell’art.69 del C.C.N.L. applicabile ai dipendenti dell’industria calzaturiera.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto infondata la predetta censura, avendo la Corte territoriale, sulla base della acquisita documentazione ed in virtù di un’adeguata  motivazione, ritenuto "correttamente osservata la procedura ex art.7 della Legge n.300/70, con riferimento, in primis, al tasso di specificità di quanto contestato al lavoratore”.

Nello specifico, la preventiva e specifica contestazione dell’addebito, richiesta dallo Statuto dei Lavoratori, risultava contenuta nel telegramma inviato al lavoratore alle ore 11,25 della mattinata del 30 dicembre 2004, con il quale gli veniva contestata la "grave infrazione ... commessa ossia il tentativo di trafugamento di modelli di scarpe in fase di progettazione", tentativo posto in essere qualche ora prima della medesima mattinata.

Il licenziamento veniva quindi intimato con la nota del 27 gennaio 2005, spedita mediante la raccomandata del 28 gennaio 2005, certamente oltre i cinque giorni di legge, e, comunque, dopo che il lavoratore ricorrente aveva inoltrato le proprie controdeduzioni, con cui aveva negato le accuse addebitategli.

La Corte del merito, inoltre, aveva puntualizzato che, a causa dello stato di malattia, in cui versava il lavoratore nel periodo compreso tra il 25 gennaio 2005 ed il 26 febbraio 2005, come da certificazione medica recapitata il 29 gennaio 2005 alla società, quest’ultima aveva provveduto a comunicare al primo la sospensione dell’efficacia del licenziamento, che, cessato lo stato di malattia, era stato confermato mediante il telegramma del 28 febbraio 2005.

Quelle fin qui esposte, sono circostanze che, a detta degli ermellini, palesano l’inconsistenza delle doglianze mosse dal ricorrente in ordine alla genericità della contestazione, risultando i fatti oggetto di imputazione sufficientemente descritti nella documentazione inviatagli.

In proposito, la Cassazione ha rammentato che, per giurisprudenza consolidata, la previa contestazione dell'addebito, necessaria in funzione di tutte le sanzioni disciplinari, assolve allo scopo di consentire al lavoratore l'immediata difesa e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, che risulta integrato quando siano fomite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt.2104 e 2105 cod. civ..

Ciò detto, la Suprema Corte ha ribadito che l'accertamento relativo al requisito della specificità della contestazione costituisce oggetto di un'indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle ragioni esposte dal giudice di merito (1).

Rilevata la correttezza, sia nei termini che nelle modalità, della motivazione resa dalla Corte di Appello, la Cassazione ha conseguentemente concluso con il rigetto del ricorso.

Valerio Pollastrini


1)      - ex plurimis, Cass., Sentenza n.7546/2006;

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