Nel
caso di specie, la Corte di Appello di Bari aveva confermato la pronuncia con
la quale il Tribunale del primo grado aveva rigettato la domanda proposta da un
dipendente nei confronti della società ex datrice di lavoro, diretta alla
declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli in data 27 gennaio
2005, con ogni conseguenza sul piano reintegratorio e risarcitorio.
Nella
premessa, la Corte del merito aveva ricordato che l’appellante, dipendente
della predetta società dal 10 marzo 2001, con le mansioni di modellista,
riconducibili al 6° livello del CCNL di settore, era stato prima sospeso per
motivi disciplinari in data 30 dicembre 2004 e poi, in data 27 gennaio 2005,
licenziato per aver tentato di sottrarre o ricopiare forma, modelli e disegni.
Ritenuto
pienamente provato l’addebito, il giudice dell’appello aveva concluso per
la legittimità del licenziamento per
giusta causa.
Avverso
questa sentenza, il dipendente aveva proposto ricorso per Cassazione,
lamentando, tra l’altro, l’illegittimità del recesso, in quanto non preceduto
dalla specifica, preventiva contestazione dell’addebito, in violazione
dell’art.7 della Legge n.300/1970 e dell’art.69 del C.C.N.L. applicabile ai
dipendenti dell’industria calzaturiera.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto infondata la predetta censura, avendo
la Corte territoriale, sulla base della acquisita documentazione ed in virtù di
un’adeguata motivazione, ritenuto "correttamente osservata la procedura ex
art.7 della Legge n.300/70, con riferimento, in primis, al tasso di specificità
di quanto contestato al lavoratore”.
Nello
specifico, la preventiva e specifica contestazione dell’addebito, richiesta
dallo Statuto dei Lavoratori, risultava contenuta nel telegramma inviato al
lavoratore alle ore 11,25 della mattinata del 30 dicembre 2004, con il quale
gli veniva contestata la "grave
infrazione ... commessa ossia il tentativo di trafugamento di modelli di scarpe
in fase di progettazione", tentativo posto in essere qualche ora prima
della medesima mattinata.
Il
licenziamento veniva quindi intimato con la nota del 27 gennaio 2005, spedita
mediante la raccomandata del 28 gennaio 2005, certamente oltre i cinque giorni
di legge, e, comunque, dopo che il lavoratore ricorrente aveva inoltrato le
proprie controdeduzioni, con cui aveva negato le accuse addebitategli.
La
Corte del merito, inoltre, aveva puntualizzato che, a causa dello stato di
malattia, in cui versava il lavoratore nel periodo compreso tra il 25 gennaio
2005 ed il 26 febbraio 2005, come da certificazione medica recapitata il 29
gennaio 2005 alla società, quest’ultima aveva provveduto a comunicare al primo
la sospensione dell’efficacia del licenziamento, che, cessato lo stato di
malattia, era stato confermato mediante il telegramma del 28 febbraio 2005.
Quelle
fin qui esposte, sono circostanze che, a detta degli ermellini, palesano l’inconsistenza delle doglianze mosse dal
ricorrente in ordine alla genericità della contestazione, risultando i fatti
oggetto di imputazione sufficientemente descritti nella documentazione
inviatagli.
In
proposito, la Cassazione ha rammentato che, per giurisprudenza consolidata, la
previa contestazione dell'addebito, necessaria in funzione di tutte le sanzioni
disciplinari, assolve allo scopo di consentire al lavoratore l'immediata difesa
e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, che risulta
integrato quando siano fomite le indicazioni necessarie ed essenziali per
individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di
lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in
violazione dei doveri di cui agli artt.2104 e 2105 cod. civ..
Ciò
detto, la Suprema Corte ha ribadito che l'accertamento relativo al requisito
della specificità della contestazione costituisce oggetto di un'indagine di
fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e
congruità delle ragioni esposte dal giudice di merito (1).
Rilevata
la correttezza, sia nei termini che nelle modalità, della motivazione resa
dalla Corte di Appello, la Cassazione ha conseguentemente concluso con il rigetto
del ricorso.
Valerio
Pollastrini
1)
-
ex plurimis, Cass., Sentenza n.7546/2006;
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