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sabato 13 dicembre 2014

Durc irregolare senza preavviso di accertamento negativo – Revoca dell’appalto

Nella sentenza n.1153 del 27 novembre 2014, il Tar dell’Emilia Romagna ha precisato che, nonostante il mancato preavviso negativo, il Durc irregolare determina la revoca dell’azienda dall’appalto pubblico.

La vicenda in commento è scaturita dalla gara indetta dal Comune di Carpi per la concessione dei locali del Teatro comunale ai fini dello svolgimento dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande.

In una sentenza precedente a quella in commento, il Tar rilevando un insanabile profilo di irregolarità nell’offerta presentata dalla ditta aggiudicataria, aveva annullato, in parte, gli atti del procedimento, stabilendo che l’aggiudicazione dovesse essere disposta in favore di altra azienda.

Successivamente, però, dopo avere provveduto all’aggiudicazione provvisoria della concessione alla suindicata seconda ditta, l’Ente Locale aveva effettuato la verifica della sussistenza dei requisiti di carattere generale dichiarati dalla stessa e, ritenuto carente quello della regolarità fiscale e contributiva, aveva disposto la revoca dell’aggiudicazione provvisoria ed avviato di una nuova selezione pubblica (1).

A questo punto, l’azienda esclusa aveva  adito il giudice amministrativo, lamentando la violazione e l’elusione del giudicato, da cui - a suo dire - sarebbe scaturito l’obbligo dell’Amministrazione di assegnare alla stessa la concessione, con conseguente addotta nullità della sopraggiunta determinazione di revoca dell’aggiudicazione provvisoria e relativa richiesta di adozione delle misure giudiziali necessarie alla corretta esecuzione del giudicato.

In ogni caso, il nuovo provvedimento, a detta dell’azienda, sarebbe illegittimo perché l’Amministrazione non avrebbe considerato:

-           che la lex specialis della gara - in coerenza con la normativa in materia di concessioni di beni pubblici - non aveva incluso la regolarità fiscale e contributiva tra i requisiti di partecipazione alla selezione;

-          che anche se si trattasse di concessione di servizio pubblico - e non di concessione di bene pubblico - l’art.38 del D.Lgs. n.163/2006 sarebbe inapplicabile in tale settore, così come ne sarebbero esclusi i servizi di ristorazione;

-          che, comunque, le irregolarità accertate sarebbero insussistenti per non essersi promossa la regolarizzazione di quella contributiva e per essere inferiore al limite stabilito quella fiscale.

Investito della questione, in un primo momento il Tar, aveva affrontato, con sentenza non definitiva, in sede di giudizio di ottemperanza, la domanda di declaratoria di nullità dell’atto per violazione ed elusione del giudicato e, respinta tale istanza, aveva disposto il successivo esame delle restanti censure.

Nella pronuncia in commento, il Collegio ha ricordato che la ricorrente, insistendo per la configurabilità dell’appalto come concessione di bene pubblico, aveva dedotto l’inoperatività nel caso di specie dei requisiti di cui all’art.38 del D.Lgs. n.163/2006, a suo dire, neppure previsti  dalla lex specialis della gara.

Ad avviso del Tar, invece, la circostanza che la concessione dell’uso dei locali fosse espressamente finalizzata alla gestione del relativo bar-ristorante e che lo stesso capitolato d’oneri prevedeva, tra i requisiti di partecipazione alla selezione, alcune condizioni legate all’attività di somministrazione di alimenti e bevande, costituiva un fattore decisivo per l’ascrivibilità della concessione al genus delle concessioni di servizio pubblico, contraddistinte dall’esistenza di un corrispettivo a favore dell’Amministrazione - in ragione della possibilità di gestire un servizio a pagamento verso l’utenza - e dal rischio legato alla gestione del servizio, che ricade sul concessionario (2).

In simili casi, in altri termini, per essere assentito al privato l’esercizio di un’attività a favore di terzi che è di pertinenza dell’Amministrazione Pubblica proprietaria dei locali, l’uso di questi ultimi è necessariamente correlato alla concessione e non ne altera i tratti fondamentali di concessione di servizi.

Quanto, poi, all’assunto per cui l’art.38 del D.Lgs. n.163/2006 non sarebbe applicabile alle concessioni di servizi, il Collegio ha richiamato quell’orientamento giurisprudenziale che al principio espresso da detta disposizione - in base al quale la partecipazione alle gare pubbliche richiede il possesso di alcuni inderogabili requisiti di moralità - riconosce le caratteristiche di principio di carattere generale, quindi valido anche nelle gare dirette all’affidamento di concessioni di servizi (3), in quanto fondamentale principio di ordine pubblico economico, che soddisfa l’imprescindibile esigenza che il soggetto che contrae con l’Amministrazione sia "affidabile" e perciò in possesso dei requisiti di ordine generale e di moralità che la norma tipizza (4).

Tornando al caso in questione, il Tar ha sottolineato come, correttamente, l’Amministrazione comunale aveva dato attuazione alle previsioni dell’art.38 del D.Lgs. n.163/2006, indipendentemente dalla sussistenza o meno di un espresso richiamo alle stesse da parte della lex specialis della gara, stante la portata precettiva della relativa disciplina e l’automatica efficacia integrativa della normativa di gara che comunque ne scaturiva (5).

Ciò detto, il Collegio ha affrontato la doglianza che aveva investito  la sussistenza stessa dell’irregolarità contributiva posta a base dell’atto impugnato.

In particolare, la ricorrente aveva richiamato la disposizione dell’art.31, comma 8, del D.L. n.69/2013 (6), secondo la quale: "Ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato, invitano l’interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n.12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità", e dalla quale  aveva dedotto l’irrilevanza del DURC negativo emesso a suo carico perché non preceduto dall’invito alla regolarizzazione, avviso che avrebbe consentito alla stessa di sanare il debito contributivo e di acquisire pertanto il titolo per la partecipazione alla gara.

Anche questa censura, tuttavia, è stata ritenuta infondata dal giudicante.

Seppur in presenza di pronunce di diverso tenore, il Collegio ha aderito all’orientamento giurisprudenziale che considera inapplicabile la norma in esame alle ipotesi in cui il DURC viene acquisito dall’Ente appaltante per la verifica della sussistenza del requisito di partecipazione alla gara ex art.38 del D.Lgs. n.163/2006 (7).

A fondamento di tale indirizzo giova  considerare che:

1)    l’art.38 del D.Lgs. n.163/2006 richiede che il requisito in materia di regolarità contributiva sussista già al momento della partecipazione alla gara e permanga fino al momento della stipula del contratto, sì che non risulta ammissibile che la regolarità contributiva sia verificabile con riferimento ad una fase temporale successiva al momento della partecipazione alla selezione;

2)    una diversa interpretazione non appare compatibile con i principi di tutela dell’interesse pubblico alla scelta di un contraente affidabile e della par condicio tra le imprese concorrenti, in quanto comporterebbe la possibilità di partecipare in ogni caso alle gare per le imprese in stato di irregolarità contributiva, potendo poi fidare esse sulla possibilità di sanare la propria posizione dopo il preavviso di DURC negativo da parte dell’INPS, con evidente violazione della ratio della disposizione, che nella regolarità contributiva dell’impresa vuole apprezzare non solo un dato formale, ma un dato di affidabilità complessiva della ditta partecipante alla gara;

3)    la regolarità contributiva è requisito indispensabile non solo per la partecipazione alla gara ma anche per la stipulazione del contratto, con la conseguenza che l’impresa deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura di gara, posto che la cosiddetta correttezza contributiva non costituisce un dato che possa essere temporaneamente frazionato, o virtualmente ricostruito ex post, attenendo alla diligente condotta dell’impresa in riferimento a tutte le obbligazioni contributive, sia relative a periodi precedenti sia maturate nel periodo in cui è stata espletata la gara, quale indice rivelatore dell’irreprensibilità dell’impresa nei rapporti con le proprie maestranze ma anche della sua capacità di far fronte alle relative obbligazioni, quindi dell’affidabilità della stessa nei confronti dell’ente appaltante;

4)    poiché il requisito per la partecipazione alla gara è quello della regolarità contributiva - di cui il DURC costituisce una mera attestazione formale da parte dell’Ente Previdenziale -, l’ordinaria diligenza esige che il concorrente verifichi già da solo l’assenza di debiti previdenziali, e non può dunque enfatizzarsi la portata della norma procedimentale di cui all’art.31, comma 8, del D.L. n.69/2013 per ritenere che il requisito della regolarità contributiva debba sussistere "solamente" al momento di scadenza del termine quindicinale che l’Ente Previdenziale è tenuto ad assegnare all’impresa per la regolarizzazione della posizione contributiva;

5)    la regolarizzazione ex art.31, comma 8, del D.L. n.69/2013, nell’attribuire rilevanza a date condizioni per il conseguimento del DURC positivo, assume a riferimento parametri diversi da quelli previsti dall’art.38 del D.Lgs. n.163/2006, a proposito in particolare della soglia di rilevanza delle inadempienze contributive ostative alla partecipazione alla gara;

6)     l’antinomia tra le due disposizioni va in definitiva risolta sulla base del principio di specialità, sicché l’art.38 del D.Lgs. n.163/2006 continua a disciplinare in via autonoma i presupposti per la partecipazione alle gare, mentre l’art.31, comma 8, del D.L. n.69/2013 si applica al solo DURC c.d. interno, ossia quello redatto dall’INPS per il riconoscimento di benefici o sgravi contributivi alla ditta, e non riguarda invece il documento relativo alla verifica dei requisiti per la partecipazione alle gare, che non può virtualmente attribuire una regolarità contributiva ad impresa che ne era originariamente priva.

Dalle considerazioni appena espresse, in sostanza, discende  la legittimità della determinazione adottata dall’Amministrazione comunale in ragione del DURC negativo acquisito a carico della ricorrente.

Infine, l’ultima questione posta all’attenzione del Tar è quella riguardante l’irregolarità fiscale, anch’essa posta a fondamento dell’atto impugnato, che,  secondo la ricorrente, sarebbe insuscettibile di produrre effetti nella gara per la duplice ragione che l’importo del debito superava la prescritta soglia di 10.000,00 € solo in ragione dell’avvenuto computo di interessi, sanzioni ed oneri diversi, e che difettava il carattere del definitivo accertamento dell’inadempienza.

In proposito, il Collegio ha ricordato che,  sia gli interessi legali che le sanzioni amministrative rivestono un carattere accessorio del debito principale e di questo condividono la natura tributaria ai fini del requisito soggettivo di partecipazione alle gare (8).

Quanto, invece, al presupposto dell’accertamento definitivo, in giudizio era stata esibita  la nota con cui l’Agenzia delle Entrate aveva attestato l’iscrizione a ruolo del debito tributario della ricorrente, essendo peraltro sufficiente che la definitività dell’accertamento dell’irregolarità fiscale sopraggiunga nel corso del procedimento di gara (9), circostanza che, del resto, risultava confermata dalla richiesta di rateizzazione del debito formulata dalla stessa ditta.

Per tutte le ragioni di cui si è detto, il Tar ha concluso rigettando il ricorso.

Valerio Pollastrini


1)      - v. Determinazione Dirigenziale n.445 del 28 maggio 2014;
2)      - v. Cons. Stato, Sez. V, Sentenza n.513 del 25 gennaio 2011;
3)      - ai sensi dell’art.30, comma 3, del D.Lgs. n.163/2006;
4)      - v. Cons. Stato, Sez. VI, Sentenza n.2725 del 21 maggio 2013;
5)      - v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, Sentenza n.467 del 31 gennaio 2012, circa il principio per cui la funzione della regolamentazione dettata in materia dal D.Lgs. n.163/2006 comporta che le relative disposizioni entrino a far parte ex se della disciplina della procedura di evidenza pubblica, senza necessità che la cogenza delle stesse venga prevista nel bando o nel disciplinare; v., da ultimo, anche Cons. Stato, Ad. Plen., Sentenza n.9 del 25 febbraio 2014 e n.16 del 30 luglio 2014, a proposito del carattere perentorio degli adempimenti doverosi di cui all’art.38 del D.Lgs. n.163/2006 con l’effetto di eterointegrazione della normativa di gara che la portata imperativa della disposizione di legge produce;
6)      - conv. dalla Legge n.98/2013;
7)      - v. TAR Lazio, Sez. III, Sentenza n.7732 del 18 luglio 2014; TAR Campania, Napoli, Sez. IV, Sentenza n.3619 del 2 luglio 2014  e n.3334 del 12 giugno 2014;
8)      - v. TAR Puglia, Bari, Sez. I, Sentenza n.491 dell’8 marzo 2012;
9)      - v. TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, Sentenza n.401 del 16 febbraio 2012;

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