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giovedì 6 novembre 2014

Patto di prova: reiterazione in un secondo contratto

Nella  sentenza n.23381 del 3 novembre 2014, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il patto di prova apposto ad un contratto a tempo indeterminato instaurato dopo la cessazione di un precedente contratto a termine, comprensivo  della clausola del periodo di prova, con il quale lo stesso dipendente era stato assunto  per lo svolgimento delle medesime mansioni.

Il caso di specie è quello del Comandante del Corpo di Polizia Provinciale di Prato, assunto, in un primo momento,  con contratto a termine di sei mesi, comprensivo del patto di prova di quindici giorni, per sostituire il titolare assente.

Successivamente, la Provincia aveva assunto lo stesso lavoratore con un contratto a tempo indeterminato nel quale era stata apposta la clausola del patto di prova di sei mesi.

Nel rispetto della decorrenza prevista nella clausola predetta, la Provincia di Prato aveva risolto il rapporto per mancato superamento della prova.

Il dipendente aveva quindi impugnato il recesso, chiedendo la reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno pari alle retribuzioni perdute.

Tuttavia, sia il Tribunale di Prato che, successivamente, la Corte di Appello di Firenze avevano rigettato il ricorso del lavoratore.

In particolare, la Corte del merito aveva accertato l’effettiva necessità per la Provincia di verificare le qualità professionali, nonché la personalità complessiva del lavoratore.

A questo proposito, il giudice dell’appello aveva osservato che il patto di prova apposto al primo contratto a tempo determinato, stipulato per sostituire il titolare assente, era tutt’altra cosa rispetto a quello connesso al secondo rapporto, previsto obbligatoriamente dall’art.14 del CCNL del Comparto Regioni ed Autonomie Locali.

Nel primo contratto, infatti, l’apposizione del termine risultava giustificato con la sola necessità di sopperire all’emergenza derivante dalla sostituzione della vincitrice del concorso, temporaneamente impedita. Inoltre, alla scadenza del rapporto, l’Amministrazione non aveva espresso  alcuna valutazione in merito all’esperimento del periodo di prova e, pertanto, detta prova quindi non era stato possibile accertare se  questa fosse stata superata.

Ciò detto, la Corte del merito aveva ricordato che, successivamente, l'Amministrazione non avrebbe potuto sottrarsi all’assunzione a tempo indeterminato, essendo questa obbligatoria, a prescindere dal precedente rapporto a tempo determinato e dal relativo patto di prova, posto che detta assunzione risultava imposta per legge, dovendo l’Amministrazione scorrere la graduatoria del concorso per Comandante del Corpo di Polizia Provinciale, nel quale il ricorrente si era classificato al secondo posto, una volta che il primo in graduatoria aveva rinunciato all’incarico.

In applicazione del Contratto Collettivo applicato, inoltre, la seconda assunzione comportava necessariamente l’apposizione nel contratto del patto di prova.

Contro questa sentenza, il lavoratore aveva adito la Cassazione, deducendo che, avendo svolto, con il primo contratto a tempo determinato, le funzioni di Comandante del Corpo di Polizia Provinciale di Prato per la durata di sei mesi, non sarebbe stato necessario reiterare  il periodo di prova anche nel secondo rapporto a tempo indeterminato, avente ad oggetto lo stesso profilo professionale e le medesime mansioni.

In sostanza, il ricorrente aveva contestato all’impugnata sentenza la ritenuta inidoneità del primo periodo lavorativo ai fini dell’esperimento della prova.

Il lavoratore aveva quindi contestato la legittimità della reiterazione del patto di prova, sostenendo che, tale clausola sarebbe finalizzata alla verifica delle qualità professionali e del comportamento del lavoratore, circostanze queste che l’Amministrazione aveva avuto modo di accertare ampiamente per effetto dello svolgimento, con esito positivo, delle stesse mansioni per un congruo lasso di tempo.

Il ricorrente aveva poi rilevato che l’art.14-bis del CCNL Regioni ed Autonomie Locali consente l’esonero del periodo di prova per i dipendenti che lo abbiano già superato nella medesima qualifica e profilo professionale presso altra Amministrazione Pubblica. Da ciò discenderebbe che, a maggior ragione, tale esonero dovrebbe ritenersi operante quando il dipendente abbia effettivamente svolto il periodo di prova nella stessa Amministrazione dalla quale venga poi assunto, avendo questa già avuto modo di verificarne le qualità professionali.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, la causa del patto di prova va individuata nella tutela dell’interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro, in quanto diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il dipendente possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest'ultimo, a sua volta, valutando l'entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto (1).

La stessa Cassazione, inoltre, ha più volte precisato che il patto di prova in due contratti successivamente stipulati tra le parti è ammissibile, qualora risponda alle suddette finalità, potendo intervenire nel tempo molteplici fattori, attinenti non soltanto alle capacità professionali, ma anche alle abitudini di vita o a problemi di salute (2).

Gli ermellini hanno poi ricordato come in una fattispecie sostanzialmente analoga alla presente la Suprema Corte avesse affermato che in materia di rapporti di lavoro pubblico nel settore sanitario, disciplinati a seguito della privatizzazione dalla contrattazione collettiva nazionale, anche in deroga a previsioni di legge o regolamento, la previsione del CCNL del comparto sanità del primo settembre 1995, secondo cui il dipendente assunto a tempo indeterminato è soggetto ad un periodo di prova, consente l'esecuzione della prova anche nel caso di assunzione di un lavoratore che in precedenza aveva stipulato un contratto a termine, ancorché avesse superato la relativa prova, avendo le parti ritenuto utile e comunque funzionale all'interesse pubblico l'espletamento della prova in vista della costituzione di un rapporto a tempo indeterminato (3).

Parimenti acclarato, inoltre, che la valutazione circa l'opportunità e/o necessità della verifica delle qualità professionali e della personalità complessiva del lavoratore, già accertate dal datore di lavoro, costituisce un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (4).

Tornando al caso di specie, la Cassazione ha precisato che la Corte del merito, ponendo in evidenza l’effettiva necessità per l'Amministrazione di verificare le qualità professionali, nonché il comportamento e la personalità del lavoratore, aveva  correttamente applicato i suddetti principi, atteso che :

- il primo periodo di prova, di quindici giorni, riguardava un rapporto a termine  ed era funzionale alla ben più modesta portata dell’atto negoziale voluto dalle parti, dato   che il posto di Comandante era stato già assegnato al vincitore del concorso, temporaneamente assente;

-  vi era dunque una diversità non solo temporale, ma anche qualitativa del periodo di prova apposto ai due contratti;

-  il patto di prova di quindici giorni apposto al primo contratto era insufficiente al fine di accertare le reali capacità organizzative, propositive, di direzione e coordinamento del ricorrente;

-  alla fine del contratto a termine, dovendo l’Amministrazione scorrere la graduatoria del concorso in cui il ricorrente si era classificato al secondo posto, costituiva un atto dovuto la sua assunzione (5) senza che il superamento del breve periodo di prova precedente - trascorso il quale il rapporto si avviò alla naturale scadenza - potesse precludere all’Amministrazione l’apposizione di un nuovo patto di prova, questa volta ben più consistente, peraltro consentito dall’art. 14 bis del contratto collettivo del Comparto;

- che era da escludere la natura in qualche modo ritorsiva della valutazione negativa del periodo di prova operata dall’Amministrazione, quale asserita conseguenza della fruizione, da parte del ricorrente, subito dopo la stipula del contratto a tempo indeterminato, di un periodo di congedo straordinario per motivi di studio, della durata di circa diciotto mesi, essendo tale valutazione conseguente ai pareri negativi di tutti gli organi all’uopo preposti (direttore generale, dirigente tecnico, dirigente del settore affari generali, direttore del servizio personale ed organizzazione) ;

- che, pertanto, la reiterazione del patto di prova non poteva considerarsi illegittima.

In conclusione, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha condannato il lavoratore al pagamento delle spese del processo di legittimità, liquidate in 3.500,00 € per compensi professionali, 100,00 € per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Valerio Pollastrini

 
1)      - Cass., Sentenza n.15960 del 29 luglio 2005; Cass., Sentenza n.17767 del 30 luglio 2009;
2)      - Cass., Sentenza n.1741 del 18 febbraio 1995; Cass., Sentenza n.15960/2005; Cass., Sentenza n.17767/2009; Cass., Sentenza n.10440 del 22 giugno 2012;
3)      - Cass., Sentenza n.24409 del 2 ottobre 2008;
4)      - Cass., Sentenza n.10440/2012; Cassazione, Sentenza n.17767/2009; Cass., Sentenza n.1741/1995;
5)      – Ai sensi dell’art.6, comma 21, della Legge n.127/1997, allora vigente;

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