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lunedì 10 novembre 2014

Cessione d’azienda - Credito risarcitorio da infortunio subito presso la cedente

Nella sentenza n.23473 del 4 novembre 2014, la Corte di Cassazione ha precisato che in caso di cessione di azienda, le parti, tramite accordo sindacale, possono legittimamente escludere il nuovo datore di lavoro dalla responsabilità solidale sui crediti precedentemente maturati dai lavoratori presso la cedente.

Il caso di specie è quello che ha riguardato il dipendente che, nel 2003, era stato vittima di  un infortunio sul lavoro con effetti invalidanti permanenti in misura del 22%, che gli avevano comportato anche stati di confusione, specie in situazioni di stress e di elevata rumorosità ambientale.

In occasione del trasferimento di azienda dalla  società  in liquidazione (poi fallita), il lavoratore aveva sottoscritto il 24 luglio 2007 un verbale contenente la rinuncia al passaggio alle dipendenze della cessionaria, ai sensi dell’art. 2112 c.c..

In realtà, tale accordo era stato sottoscritto senza rispettare  la volontà precedentemente espressa dal dipendente, che aveva chiesto alla cessionaria   di acquisire  la responsabilità solidale  per il proprio credito risarcitorio da infortunio.

Per questa ragione il lavoratore aveva impugnato il predetto accordo, sostenendo di essere stato indotto in errore sul suo contenuto, atteso il suo stato di incapacità di intendere e di volere, nonché di averlo sottoscritto  sotto la pressione psicologica di esponenti della cedente e di colleghi.

Sulla base di tali allegazioni, pertanto, aveva convenuto in giudizio le due aziende, chiedendo l’annullamento del verbale sottoscritto per le ragioni esposte e il riconoscimento del diritto al passaggio alle dipendenze della cessionaria.

Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello di Torino ne avevano rigettato la domanda.

In base al tenore dell’accordo di trasferimento (passaggio di 900 dipendenti alla data del 16 luglio 2007, posticipata al 27 dello stesso mese e perfezionamento dell’assunzione previa sottoscrizione di verbale di conciliazione in sede sindacale, contenente rinuncia alla solidarietà della cessionaria per i debiti pregressi), la Corte territoriale aveva escluso l’esistenza di un diritto del lavoratore al passaggio alle dipendenze della cessionaria nel caso di eventuale annullamento del verbale di conciliazione.

Contro questa sentenza, il lavoratore aveva adito la Cassazione, lamentando che la Corte territoriale, equivocando su quanto stabilito nel verbale di conciliazione personalmente sottoscritto e nell’accordo sindacale redatto  in occasione del trasferimento d’azienda, avrebbe erroneamente ritenuto possibile la deroga alla continuità lavorativa dell’art. 2112 c.c. in realtà non prevista, se non limitatamente al numero massimo di 118 dipendenti da collocare in mobilità per il raggiungimento del diritto al trattamento pensionistico entro il 1° gennaio 2014 ed avrebbe, altresì, esclusa la prosecuzione del rapporto per i dipendenti ricusanti l’assunzione alle dipendenze della cessionaria alle condizioni previste nell’accordo.

Investita della questione, la Cassazione ha ricordato nella premessa come tra le due aziende fosse intervenuta una cessione di ramo d’azienda con trasferimento parziale di 900 lavoratori.

Gli ermellini hanno quindi richiamato la normativa di riferimento, che nel regolare la vendita di aziende in esercizio nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, prevede, nell’ambito delle consultazioni relative al trasferimento stabilite dall’art.47 della Legge n.428/1990, la possibilità di accordo tra le parti per un trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente  e l’esclusione, salva diversa convenzione, della responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, anteriori al trasferimento.

L’art.47 citato, inoltre, stabilisce, per i trasferimenti riguardanti imprese in amministrazione straordinaria, l’applicabilità dell’art.2112 c.c. "nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo" tra le parti e l’esclusione della sua applicazione "ai lavoratori il cui rapporto continua con l’acquirente ... salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore".

Detta la derogabilità, laddove prevista, anche peggiorativa del trattamento dei lavoratori, in base a tale ultima disposizione, in deroga all’art. 2112 c.c., si giustifica con lo scopo di conservare i livelli occupazionali, quando venga trasferita l’azienda di un’impresa insolvente, e si legittima con la garanzia della conclusione di un accordo collettivo idoneo a costituire norma derogatoria della fattispecie (1).

Appare evidente, pertanto, come, in simili casi, la priorità di tutela dal piano del singolo lavoratore  ceda il passo all’interesse collettivo al perseguimento dell’agevolazione della circolazione dell’azienda quale strumento di salvaguardia della massima occupazione, in una condizione di obiettiva crisi imprenditoriale, anche al prezzo del sacrificio di alcuni diritti garantiti dall’art.2112 c.c., pur sempre in un ambito tutelato di consultazione sindacale.

Ciò, in sostanza, è proprio quanto  avvenuto nel caso di specie, come documentato dai verbali di accordo citati, oggetto di attento e corretto esame dalla Corte torinese e di cui aveva dato conto anche il ricorrente.

Da essi risulta, ai fini qui d’interesse, il passaggio di 900 dipendenti alle dipendenze della cessionaria a far data dal 16 luglio 2007, con mantenimento per il personale residuo del trattamento CLGS ai sensi dell’art.3 della  Legge n.223/1991 e alla mobilità (2) al termine del periodo di CLGS, con puntualizzazione della regolamentazione di detto passaggio e dell’esclusione della prosecuzione del rapporto con l’acquirente nel coevo accordo tra la cedente e Unioni industriali provinciali con le Organizzazioni Sindacali nazionali ed espressa esclusione di prosecuzione del rapporto di lavoro, previa sottoscrizione individuale di apposito verbale di conciliazione, per i dipendenti che avessero rifiutato l’assunzione presso la cessionaria alle condizioni previste dal predetto accordo.

Tra queste condizioni, era prevista la rinuncia alla solidarietà della società cessionaria per le obbligazioni anteriori al trasferimento, in deroga all’art.2112, secondo comma c.c.: ciò che il ricorrente aveva rifiutato, senza porre alcuna  legittima doglianza in ordine alla violazione delle norme denunciate.

Sicché, in applicazione dell’art. 384, primo comma c.p.c., la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: "Nell’ipotesi di cessione d’azienda, ai sensi degli artt.63 del D.Lgs. n.270/1999 e 47 della Legge n.428/1990, con trasferimento parziale dei lavoratori dipendenti al cessionario, la rinuncia alla sua solidarietà per le obbligazioni anteriori ad esso quale condizione per la prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessionario, oggetto di previsione dell’accordo concluso ai sensi dell’art.47 della Legge n.428/1990, costituisce deroga consentita all’art. 2112 c.c.”.

La Suprema Corte ha poi ritenuto inammissibile la censura sollevata dal ricorrente sul mancato annullamento del verbale di conciliazione sindacale, sottoscritto in stato di incapacità naturale o per induzione in errore essenziale.

Per tutte le considerazioni sin qui riportate, la Cassazione ha concluso rigettando il ricorso.

Valerio Pollastrini

1)      - Cass., Sentenza n.19282 del 22 settembre 2011; Cass., Sentenza n.5929 del 5 marzo 2008;
2)      - c.d. "lunga" in relazione al D.M. Lavoro e Previdenza Sociale del 18 giugno 2006;

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