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sabato 22 novembre 2014

Cessione d’azienda – Credito da TFR – Sussistenza della responsabilità solidale

Nella sentenza del 17 settembre 2014, la Corte di Appello di Milano ha precisato che in caso di cessione di azienda, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti dei dipendenti che hanno proseguito il rapporto  con l’impresa cessionaria, anche per la parte del trattamento di fine rapporto maturato sino all'atto del trasferimento.

Con distinti ricorsi, alcune ex dipendenti, in qualità di operaie presso un’impresa ceduta nel giugno 2008 ad altra titolare con trasferimento d'azienda, avevano proposto appello avverso le sentenze che avevano accolto l'opposizione ai decreti ingiuntivi emessi in loro favore ed avanzati dal primo datore di lavoro, al quale era stato intimato il pagamento del TFR maturato presso di esso.

Il giudice del primo grado, infatti, aveva escluso la solidarietà per i crediti relativi al TFR, atteso che questo emolumento era maturato, entrando nel patrimonio delle lavoratrici, solo successivamente al trasferimento di azienda ed in occasione della risoluzione del loro rapporto, avvenuta per dimissioni nel luglio 2008.

Nell'atto di impugnazione le lavoratrici avevano lamentato l'erroneità delle decisioni che non avevano seguito il più recente orientamento della Suprema Corte, secondo cui il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del cessionario per la quota maturata nel periodo di rapporto precedente, riportandosi al più recente orientamento della Cassazione che, in fattispecie analoghe, aveva ritenuto sussistere tale solidarietà (1) .

Di contro, la società convenuta aveva eccepito che, in simili casi, la solidarietà non potrebbe trovare applicazione perché il fatto costitutivo della maturazione del credito sarebbe la risoluzione del rapporto, credito che, pertanto, sorgerebbe solo quando il rapporto si estingue.

Investita della questione, la Corte milanese ha ritenuti gli appelli fondati.

Nella premessa, la Corte del merito ha osservato che il trasferimento di azienda avvenuto nel maggio 2008 non risultava oggetto di contestazione tra le parti, così come il passaggio delle appellanti alle dipendenze della nuova azienda  sino alla cessazione del rapporto nel 2009.

Parimenti, dagli atti non risultava provato che la cessionaria avesse versato alle lavoratrici il pagamento del TFR loro dovuto  sino al maggio 2008.

Sul punto, il Tribunale di primo aveva seguito l'orientamento della Cassazione, precedente a quello cui avevano fatto riferimento le appellanti, che  riteneva unico debitore il cessionario, in ragione della maturazione del TFR solo all'atto della risoluzione del rapporto di lavoro, pacificamente verificatasi dopo la cessione.

Tuttavia, il giudice dell’appello ha ritenuto di adeguarsi all'orientamento più recente della Cassazione, espresso con la sentenza n.19291/2011 e divenuto, nel frattempo, maggioritario (2), secondo il quale, essendo il TFR una retribuzione differita, in caso di cessione di azienda soggetta al regime di cui all'art.2112 c.c., il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratori dipendenti che hanno proseguito il rapporto di lavoro con l’impresa cessionaria, per la parte di credito TFR maturato sino all'atto del trasferimento.

In sostanza,  l’orientamento predetto trae le proprie basi dal fatto che il meccanismo dell'accantonamento "permette di ravvisare diritti soggettivi del lavoratore anche nel corso del rapporto, tutelati sia con l'azione di mero accertamento, sia con azione di condanna alle anticipazioni previste dall'art.2110 c.c., maturando il TFR anno per anno, da alcuni configurata appunto come quota differita della retribuzione, con carattere di corrispettività tra prestazione lavorativa e controprestazione dovuta dal datore di lavoro che della stessa abbia beneficiato, sicché quest'ultimo anche in ragione di tale nesso di sinallagmaticità , non può non essere il primo soggetto obbligato a corrispondere la quota di retribuzione".

In proposito, la Suprema Corte aveva precisato, altresì,  che il diritto al Tfr matura in ragione dell'esecuzione della prestazione, solo diventando esigibile, all'atto della risoluzione del rapporto.

Conseguentemente, il datore di lavoro cedente è obbligato, al momento della risoluzione del rapporto , successivo al trasferimento stesso, per la quota maturata dal dipendente nel periodo di lavoro reso alle sue dipendenze.

Il mancato pagamento di tale parte di TFR da parte del cessionario, che all'atto della cessione ha ottenuto le relative somme dal cedente, non libera la debitrice nei confronti delle lavoratrici creditrici, in virtù del principio di solidarietà di cui all'art.2112 c.c.

Per tutte le richiamate considerazioni, la Corte di Appello ha dichiarato che le sentenze impugnate devono  essere riformate, con conferma dei decreti ingiuntivi indicati in dispositivo.

Valerio Pollastrini

1)      - Cass., Sentenza n.19291/2011;
2)      - Cass., Sentenza n.11479/2013;  Cass., Sentenza n.20837/2013;

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