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domenica 19 ottobre 2014

Tfr in busta paga – Risvolti e conseguenze

Delle novità presenti nella bozza del Disegno della Legge di Stabilità 2015, quella che ha suscitato le maggiori reazioni riguarda il trattamento fiscale che verrà applicato alle quote mensili del Tfr corrisposte ai lavoratori in busta paga.

Coloro che opteranno per la liquidazione nel mensile, infatti, vedranno assoggettare tale somma  all’ordinaria tassazione Irpef.

Si tratta di una condizione che, se confermata nel testo definitivo, ridurrà notevolmente l’appetibilità della disposizione in commento per i lavoratori con un reddito superiore ai 15mila euro.

Attualmente, infatti, l'aliquota media  applicata al Tfr attraverso l’agevolata tassazione separata è  compresa tra il 23% ed il 26%, mentre l'Irpef sulle retribuzioni imponibili superiori  ai 15mila euro parte dal 27% e cresce, con l’aumentare degli scaglioni di reddito, fino ad arrivare all’aliquota del 43%.

Riservando alla quota mensile del Tfr lo stesso strumento di tassazione della retribuzione ordinaria, pertanto, più elevato sarà il reddito da lavoro, meno risulterà incentivata  l'opzione del Tfr in busta.

Tuttavia, proprio per controbilanciare un simile aggravio,  l'imposta sostitutiva sui redditi derivanti dalle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto maturato passerà dall'11% al 17%.

Tra le misure di sostegno in favore dell’opzione, occorre poi segnalare la clausola di salvaguardia che esclude il reddito aggiuntivo dal computo del tetto complessivo che garantisce il bonus Irpef da 80 euro. In sostanza, coloro che sceglieranno di ricevere  il Tfr in busta paga non correranno il rischio di perdere il bonus.

In merito ai restanti profili del nuovo istituto retributivo, la scelta, prevista in via sperimentale da marzo 2015 a giugno 2018, dovrà essere resa su base volontaria.

Ad eccezione di quelli domestici e di quelli agricoli, saranno solamente i lavoratori del settore privato a poter scegliere di ricevere il Tfr in busta, anche quelli che avessero già aderito ad un fondo di previdenza integrativo. Qualora tale opzione venisse esercitata, però, la scelta del dipendente non potrà essere revocata fino alla fine di giugno 2018.

Tra i soggetti esclusi dalla facoltà, vi sono, infine, i dipendenti di aziende in crisi o sottoposte ad una procedura concorsuale aperta.

Per quanto riguarda, invece, le modalità di pagamento mensile dell’indennità, le imprese potranno versare direttamente l'ammontare del Tfr maturando, ottenendo in cambio gli stessi benefici oggi previsti per i datori che versano il Tfr alle forme di previdenza complementare, oppure potranno optare per lo schema di accesso al credito bancario che verrà definito con un Dpcm (1) e con la convenzione Abi-Mef-Ministero del Lavoro.

Nel secondo caso, per accedere al previsto finanziamento bancario, il datore di lavoro dovrà preventivamente richiedere all'Inps la certificazione del Tfr maturato dai singoli dipendenti.

La formulazione attuale della norma prevede, inoltre, che per la restituzione alla banca delle somme eventualmente anticipate per il pagamento mensile del Tfr, alle aziende sarà applicato solo il tasso di rivalutazione della quota dell’indennità, vale a dire: l'1,5%, più lo 0,75% annuo dell'indice di inflazione.

Come detto, per le imprese con meno di 50 addetti l'operazione sarà sostenuta da un Fondo di Garanzia istituito presso l’Inps, per il cofinanziamento del quale ai datori di lavoro verrà richiesto  un contributo dello 0,2%.

Valerio Pollastrini

 
1)      – che dovrà essere adottato nei 30 giorni successivi all’entrata in vigore della Legge di Stabilità;

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