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giovedì 2 ottobre 2014

Quando l’agente di commercio è in realtà un lavoratore subordinato

Nella sentenza n.19394 del 15 settembre 2014, la Corte di Cassazione ha ribadito che la formale sottoscrizione di un  contratto di agenzia non impedisce la successiva conversione del rapporto nell’alveo della subordinazione, qualora l’analisi delle prestazioni rese di fatto dal lavoratore ne evidenzino la natura.

Nel caso di specie, un agente  si era rivolto al giudice del lavoro sostenendo di aver svolto per conto del committente un’attività di natura subordinata.

Il Tribunale di Pisa, riconosciuta la sussistenza del vincolo di subordinazione nel rapporto intercorso tra le parti,  aveva  condannato l’azienda a risarcire il danno subito dal lavoratore licenziato, con conseguente onere di reintegrazione.

Successivamente, la Corte di Appello di Firenze aveva respinto il gravame della società, precisando che, sulla base di quanto emerso dall’istruttoria, l’attività prevalente svolta dal lavoratore fosse stata quella di informazione medico-scientifica e non di agente di commercio.

Contro questa sentenza, l’azienda aveva adito la Cassazione, contestando il procedimento logico con il quale il giudice dell’Appello, rilevandone la corrispondenza con la fattispecie disciplinata dal contratto collettivo nazionale di riferimento,  aveva ritenuto implicitamente che il rapporto avente ad oggetto la prestazione dell’informatore scientifico dovesse essere ricondotto necessariamente ad un rapporto di tipo subordinato.

A detta del ricorrente, in sostanza, la Corte del merito avrebbe omesso di considerare che l’espletamento dell’attività di promozione delle vendite presso le farmacie fosse un preciso obbligo assunto dall’agente.

L’azienda, inoltre, aveva dedotto che il carattere autonomo della prestazione lavorativa non fosse incompatibile con la soggezione della stessa a determinati controlli o direttive da parte del committente, il quale aveva retribuito l’agente sempre con delle provvigioni.

Infine, la ricorrente aveva chiesto alla Cassazione di accertare se il rapporto tra un’azienda farmaceutica ed un informatore scientifico, regolato con un contratto di agenzia con plurimandato, caratterizzato dal pagamento di compensi a provvigioni, da assenza di rimborso spese, dall’insussistenza di orari di lavoro e di obbligo di giustificare le assenze, dalla libertà di scelta di itinerari e medici da visitare e da previsione di relazioni periodiche sull’attività svolta, sia di natura autonoma o, di contro, subordinato.

Investita della questione, la Suprema Corte ha ritenuto infondate le censure mosse dalla ricorrente.

Nel formulare il quesito di diritto, infatti, l’azienda si era limitata a porre in risalto quelle caratteristiche del rapporto che, a suo giudizio, avrebbero dovuto attestare la sussistenza di un rapporto di lavoro autonomo, senza spiegare, però, le ragioni per le quali i giudici del merito  avrebbero errato nell’attribuire, invece, rilievo all’attività prevalente di informatore medico-scientifico svolta dal lavoratore ai fini della qualificazione del rapporto.

Gli ermellini hanno quindi proseguito osservando come, all’esito delle prove orali, i giudici d’appello avessero  accertato che, contrariamente alla formale qualificazione del rapporto  di agenzia,  l’attività prevalente richiesta al lavoratore fosse,  alla stregua di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale per l’industria chimica, quella dell’informatore dipendente di azienda farmaceutica, a nulla rilevando il limitato margine di autonomia di cui il medesimo godeva nel decidere di ampliare la lista dei sanitari da visitare rispetto a quella predisposta dal datore di lavoro.

Sempre la Corte del merito, inoltre, aveva  evidenziato  altri aspetti del rapporto che ne avevano consentito la corretta qualificazione nell’alveo della subordinazione.

Il lavoratore, infatti, era tenuto a rendere conto del proprio operato periodicamente ad un capo-area, circostanza che, unitamente  al tipo di compenso erogato, avevano palesato il suo stabile inserimento  nell’impresa.

In base a tutte le richiamate considerazioni, la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso.

Valerio Pollastrini

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