La
Corte di Appello dell’Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di
Teramo, aveva condannato un’azienda pubblica al risarcimento dei danni in favore
del ricorrente, liquidata in misura pari alle retribuzioni che questi avrebbe
percepito quale Direttore Generale, ritenendo il suo diritto all’assunzione in
forza del concorso per un posto inerente alla qualifica suddetta.
La
Corte del merito, inoltre, aveva ritenuto nulla la clausola contenuta nel bando
di concorso, in forza della quale la nomina sarebbe dovuta essere effettuata dalla
Commissione Giudicatrice, la quale, a suo insindacabile giudizio, avrebbe
potuto scegliere di non procedere ad alcuna nomina.
La
stessa Corte territoriale aveva precisato che, ai sensi dell’art.9 del Regio
Decreto n.2578/1925, l’incompatibilità con la carica di consigliere comunale deve
essere verificata al momento della nomina e non alla data di scadenza della
domanda di partecipazione al concorso.
In
merito alla quantificazione del danno, il giudice dell’appello aveva stimato
quanto dovuto al ricorrente nella misura pari alla retribuzione triennale, in
funzione della durata triennale dell’incarico in questione, essendo solo
eventuale il rinnovo per un successivo triennio.
Contro
questa sentenza, l’azienda aveva ricorso per Cassazione, deducendo che la
nomina del Direttore Generale, stante la natura fiduciaria di tale incarico, risponderebbe
a criteri discrezionali e, pertanto, l’espletamento del concorso non avrebbe
concluso la procedura di scelta, riservata, invece, al potere discrezionale
della Commissione Esaminatrice.
La
società, inoltre, aveva sostenuto
l’erroneità della dichiarazione di nullità della clausola con la quale l’assunzione
veniva riservata al giudizio insindacabile della Commissione Amministratrice.
Nel
rigettare il ricorso, la Suprema Corte, ha precisato che, per quanto riguarda
il caso in esame, non potesse assumere
rilievo il supposto potere di scelta discrezionale, in quanto l’Amministrazione
aveva optato per il conseguimento della nomina del Direttore Generale tramite concorso.
Sul
punto, gli ermellini hanno sottolineato come, correttamente, il giudice del
merito avesse ritenuto che l’Amministrazione fosse vincolata dalla procedura
concorsuale, costituendo questa un atto negoziale di offerta al pubblico.
In
merito alla prospettata condizione di incompatibilità, la Cassazione ha
precisato come la ricorrente, deducendo che, ai sensi del bando di concorso, la
situazione di incompatibilità dovesse essere ricondotta fino all’epoca della
domanda di partecipazione al concorso, avesse confuso i requisiti per
l’ammissione al concorso con quelli per la nomina.
Tenendo
conto dalla distinzione suddetta, infatti, l’art.9 del Regio Decreto
n.2578/1925 non risulta in alcun modo violato, in quanto la mancanza di una
situazione di incompatibilità non costituisce requisito per la partecipazione
al concorso, ma requisito per la nomina che, conseguentemente, deve sussistere nel
successivo momento in cui viene emanato tale provvedimento.
Valerio
Pollastrini
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