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martedì 14 ottobre 2014

Pubblico impiego – Mancata assunzione del vincitore del concorso – Risarcimento del danno

Nella sentenza n.20735 del 1° ottobre 2014, la Corte di Cassazione ha riconosciuto, in favore del vincitore di un concorso pubblico, il diritto al risarcimento del danno per la sua mancata assunzione da parte dell’Amministrazione.

La Corte di Appello dell’Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di Teramo, aveva condannato un’azienda pubblica al risarcimento dei danni in favore del ricorrente, liquidata in misura pari alle retribuzioni che questi avrebbe percepito quale Direttore Generale, ritenendo il suo diritto all’assunzione in forza del concorso per un posto inerente alla qualifica suddetta.

La Corte del merito, inoltre, aveva ritenuto nulla la clausola contenuta nel bando di concorso, in forza della quale la nomina sarebbe dovuta essere effettuata dalla Commissione Giudicatrice, la quale, a suo insindacabile giudizio, avrebbe potuto scegliere di non procedere ad alcuna nomina.

La stessa Corte territoriale aveva precisato che, ai sensi dell’art.9 del Regio Decreto n.2578/1925, l’incompatibilità con la carica di consigliere comunale deve essere verificata al momento della nomina e non alla data di scadenza della domanda di partecipazione al concorso.

In merito alla quantificazione del danno, il giudice dell’appello aveva stimato quanto dovuto al ricorrente nella misura pari alla retribuzione triennale, in funzione della durata triennale dell’incarico in questione, essendo solo eventuale il rinnovo per un successivo triennio.

Contro questa sentenza, l’azienda aveva ricorso per Cassazione, deducendo che la nomina del Direttore Generale, stante la natura fiduciaria di tale incarico, risponderebbe a criteri discrezionali e, pertanto,  l’espletamento del concorso non avrebbe concluso la procedura di scelta, riservata, invece, al potere discrezionale della Commissione Esaminatrice.

La società,  inoltre, aveva sostenuto l’erroneità della dichiarazione di nullità della clausola con la quale l’assunzione veniva riservata al giudizio insindacabile della Commissione Amministratrice.

Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte, ha precisato che, per quanto riguarda il caso in esame,  non potesse assumere rilievo il supposto potere di scelta discrezionale, in quanto l’Amministrazione aveva optato per il conseguimento della nomina del  Direttore Generale tramite concorso.

Sul punto, gli ermellini hanno sottolineato come, correttamente, il giudice del merito avesse ritenuto che l’Amministrazione fosse vincolata dalla procedura concorsuale, costituendo questa un atto negoziale di offerta al pubblico.

In merito alla prospettata condizione di incompatibilità, la Cassazione ha precisato come la ricorrente, deducendo che, ai sensi del bando di concorso, la situazione di incompatibilità dovesse essere ricondotta fino all’epoca della domanda di partecipazione al concorso, avesse confuso i requisiti per l’ammissione al concorso con quelli per la nomina.

Tenendo conto dalla distinzione suddetta, infatti, l’art.9 del Regio Decreto n.2578/1925 non risulta in alcun modo violato, in quanto la mancanza di una situazione di incompatibilità non costituisce requisito per la partecipazione al concorso, ma requisito per la nomina che,  conseguentemente, deve sussistere nel successivo momento in cui viene emanato tale provvedimento.

Valerio Pollastrini

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