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martedì 7 ottobre 2014

Processo del lavoro – Dichiarazioni rese in sede di libero interrogatorio

Nella sentenza n.20736 del 1° ottobre 2014, la Corte di Cassazione ha precisato che il convincimento del giudice può fondarsi anche  sulle sole dichiarazioni rese dal lavoratore in sede d’interrogatorio libero, ove le medesime non siano contraddette da elementi probatori contrari.

Nel caso di specie, una lavoratrice aveva convenuto in giudizio la Coop. Trans a r.l. per il pagamento in suo favore di 51.725,89 € a titolo di competenze relative all’intercorso rapporto fra le parti.

La Corte di Appello di Torino, confermando la sentenza del Tribunale di Torino, aveva rigettato la domanda.

In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto superflua l’ammissione delle dedotte prove testimoniali, ritenendo infondata la domanda della ricorrente sulla base delle dichiarazioni rese nell’interrogatorio libero espletato alla prima udienza di comparizione, in cui la stessa aveva affermato che le mansioni di autista fossero state svolte saltuariamente e che il credito vantato fosse stato indicato senza alcun criterio preciso.

Contro questa sentenza, la lavoratrice aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentando che  il giudice dell’appello non avrebbe potuto emettere la decisione impugnata  sulla base del solo interrogatorio libero, in quanto  le dichiarazioni rese in tale sede non assumono valore confessorio.

Investita della questione, la Suprema Corte ha ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità (1), il convincimento del giudice del merito può essere fondato anche solo sulle dichiarazioni rese dal lavoratore in sede d’interrogatorio libero, ove le medesime, pur prive della forza propria della confessione, non siano contraddette da elementi probatori contrari.

Per l’appunto, il giudice del merito aveva ritenuto che nel caso di specie le dichiarazioni rese dalla parte fossero sufficienti a chiarire i fatti, considerando conseguentemente superfluo ogni ulteriore atto istruttorio.

A tal fine, gli ermellini hanno precisato che  la natura giuridica non confessoria dell’interrogatorio libero della parte, non poteva assumere rilievo ai fini della sua libera valutazione da parte del giudice che, legittimamente, ne aveva tratto una valutazione contraria all’interesse della parte che lo aveva reso.

Quella compiuta dalla Corte territoriale era stata una valutazione congrua, nonché logicamente motivata e, pertanto, risulta incensurabile in sede di legittimità.

Per tale ragione, la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso e la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in 3.000,00 € per compensi professionali, 100,00 € per esborsi, oltre accessori di legge.

Valerio Pollastrini


1)      - per tutte Cass., Sentenza n.19247 del 14 settembre 2007;

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