Nel
caso di specie, una lavoratrice aveva convenuto in giudizio la Coop. Trans a
r.l. per il pagamento in suo favore di 51.725,89 € a titolo di competenze relative
all’intercorso rapporto fra le parti.
La
Corte di Appello di Torino, confermando la sentenza del Tribunale di Torino,
aveva rigettato la domanda.
In
particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto superflua l’ammissione delle
dedotte prove testimoniali, ritenendo infondata la domanda della ricorrente
sulla base delle dichiarazioni rese nell’interrogatorio libero espletato alla
prima udienza di comparizione, in cui la stessa aveva affermato che le mansioni
di autista fossero state svolte saltuariamente e che il credito vantato fosse
stato indicato senza alcun criterio preciso.
Contro
questa sentenza, la lavoratrice aveva proposto ricorso per Cassazione,
lamentando che il giudice dell’appello
non avrebbe potuto emettere la decisione impugnata sulla base del solo interrogatorio libero, in
quanto le dichiarazioni rese in tale
sede non assumono valore confessorio.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità (1), il
convincimento del giudice del merito può essere fondato anche solo sulle
dichiarazioni rese dal lavoratore in sede d’interrogatorio libero, ove le
medesime, pur prive della forza propria della confessione, non siano
contraddette da elementi probatori contrari.
Per
l’appunto, il giudice del merito aveva ritenuto che nel caso di specie le dichiarazioni
rese dalla parte fossero sufficienti a chiarire i fatti, considerando
conseguentemente superfluo ogni ulteriore atto istruttorio.
A
tal fine, gli ermellini hanno precisato che la natura giuridica non confessoria dell’interrogatorio
libero della parte, non poteva assumere rilievo ai fini della sua libera
valutazione da parte del giudice che, legittimamente, ne aveva tratto una
valutazione contraria all’interesse della parte che lo aveva reso.
Quella
compiuta dalla Corte territoriale era stata una valutazione congrua, nonché
logicamente motivata e, pertanto, risulta incensurabile in sede di legittimità.
Per
tale ragione, la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso e la
conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio,
liquidate in 3.000,00 € per compensi professionali, 100,00 € per esborsi, oltre
accessori di legge.
Valerio
Pollastrini
1)
-
per tutte Cass., Sentenza n.19247 del 14 settembre 2007;
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