Nel
caso di specie un’azienda aveva convenuto in giudizio l’Inps per ottenere la
restituzione della sanzione “una tantum” di 28.533,21 €, irrogata dall’Istituto
per la ritardata presentazione del modello DM10 relativo al mese di novembre
1998.
La
ricorrente, precisando che il modello suddetto era stato presentato con un solo
giorno di ritardo, aveva dedotto l'illegittima applicazione della sanzione
prevista in caso di evasione contributiva, configurandosi nella fattispecie la
meno grave ipotesi dell’omissione.
La
Corte di Appello di Brescia, aveva confermato la sentenza nella quale il
Tribunale di Bergamo, rigettando il ricorso, aveva ritenuto sussistenti i presupposti della "evasione" contributiva
e non quelli della "omissione".
In
particolare, la Corte del merito aveva precisato come, pur avendo la società
diritto a rientrare nell'ipotesi dell’omissione in relazione alla presentazione
della denuncia con un solo giorno di ritardo, non avendo effettuato il pagamento
entro trenta giorni dalla denuncia tramite"ravvedimento operoso", la
fattispecie doveva essere ricondotta alla più grave ipotesi della evasione.
Contro
questa pronuncia, l’azienda aveva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo
che la tardiva presentazione del modello DM/10 non configurerebbe una ipotesi
di "evasione" contributiva, per la quale è richiesta non la mera
inosservanza delle modalità e dei termini di adempimento delle dichiarazioni e
comunicazioni imposti ai datori di lavoro, ma l'omessa e/o la difformità di
tali dichiarazioni alla realtà delle cose.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha ritenuto infondata la doglianza della
ricorrente.
La
giurisprudenza di legittimità, infatti, ha più volte precisato (1) che la mancata
presentazione del modello DM/10 configura la fattispecie della "evasione",
ricadente nella previsione di cui all’art.1, comma 217, lett. B), della Legge
n.662/1996, che prevede una sanzione una tantum, il cui pagamento (2) può essere
evitato, tramite ravvedimento operoso, effettuando la denuncia della situazione
debitoria spontaneamente, prima di
contestazioni o richiese dell'ente previdenziale, e comunque entro sei mesi dal
temine stabilito per il pagamento dei contributi, purché il versamento degli
stessi sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia.
Tornando
alla vicenda in commento, gli ermellini hanno osservato come i suddetti
principi fossero stati correttamente applicati dalla Corte territoriale che,
non ravvisando l'ipotesi del ravvedimento
operoso, aveva escluso che la società potesse fruire dei benefici ad esso connessi,
non avendo provveduto al pagamento di quanto dovuto entro i 30 giorni
successivi alla denuncia.
La
Cassazione, pertanto, ha concluso con il rigetto del ricorso e la successiva
condanna dell’azienda al pagamento delle spese per il processo di legittimità, liquidate
in 3.500,00 € per compensi, 100,00 € per esborsi, oltre accessori di legge e
spese generali nella misura del 15 %.
Valerio
Pollastrini
1)
-
Cass., Sentenza n.7991/2013; Cass., Sentenza n.24284/2008; Cass. SU, Sentenza
n.4808/2005; Cass., Sentenza n.5836/2003;
2)
–
In virtù della della modifica apportata al richiamato comma 217, dall'art. 59,
comma 22, della Legge n.449/1997;
Nessun commento:
Posta un commento