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domenica 12 ottobre 2014

Previdenza - Partecipazione dell'Ente Previdenziale al processo - Condizione di ammissibilità per la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi omessi

Nella sentenza n.19398 del 15 settembre 2014, la Corte di Cassazione ha precisato che, in caso di omissione, il dipendente può chiedere la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi  in favore dell'Ente Previdenziale solo se quest'ultimo sia parte nel medesimo giudizio.

In relazione al caso di specie, la Suprema Corte ha rilevato d'ufficio che la sentenza impugnata recava della condanna degli appellati, singolarmente per il periodo di tempo in cui avevano intrattenuto il rapporto di lavoro con la dipendente ricorrente, al versamento dei contributi agli Enti Previdenziali, e che il predetto Ente Previdenziale non era stato parte in causa nel giudizio in questione, sicché la condanna ora detta deve qualificarsi come emessa nei confronti di terzo.

Ciò premesso, gli ermellini hanno  rilevato, in linea generale, che i contributi sono dovuti dall’azienda in ragione della sussistenza del rapporto lavorativo e che, tuttavia, è esclusa una pronuncia di pagamento in favore del dipendente, che, invece, ha diritto, ove ne siano maturati i presupposti, alla costituzione della rendita ex art.13 della Legge n.1338/1962 o all'azione di risarcimento danni ex art.2116 cod. civ. (1).

In proposito, la Cassazione ha precisato che, peraltro, l'interesse del lavoratore al versamento dei contributi, espressione del diritto soggettivo alla posizione assicurativa, è indubitabile, nonostante lo stesso non si identifichi con il diritto spettante all'Istituto Previdenziale, né possa configurarsi come una posizione di contitolarità in tale diritto e ancor meno di solidarietà attiva (2).

Il suddetto  interesse del dipendente, in sostanza,  è connesso con il diritto di credito dell'Istituto, sia geneticamente, perché originato dal medesimo fatto, e cioè la costituzione del rapporto di lavoro, sia funzionalmente, in quanto attraverso l'adempimento del debito contributivo viene a realizzarsi anche la soddisfazione del diritto alla posizione assicurativa.

La giurisprudenza di legittimità, inoltre, ha  attestato il diritto del lavoratore alla regolarizzazione contributiva, stabilendo, nel caso di sua violazione (3), che, ove il lavoratore abbia dato comunicazione dell'omissione contributiva del datore di lavoro al competente Ente Previdenziale e quest'ultimo non abbia provveduto a conseguire i contributi omessi, lo stesso Ente, in quanto obbligato, nell'ambito del rapporto giuridico con l'interessato, alla diligente riscossione di un credito che, ancorché proprio, vale a soddisfare il diritto costituzionalmente protetto del lavoratore, è tenuto a provvedere alla regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore medesimo, ove a quest'ultimo sia precluso di ricorrere alla costituzione della rendita ex art.13 della Legge n.1338/1962 o all'azione di risarcimento danni ex art.2116 c. c..

La Suprema Corte ha proseguito sottolineando che la sussistenza del suddetto interesse del lavoratore, ed il riconoscimento della regolarizzazione della sua posizione contributiva, confermano il riconoscimento da parte dell'ordinamento della facoltà del dipendente di chiamare in causa l’azienda e l'Ente Previdenziale, convenendoli entrambi in giudizio, al fine di accertare l'obbligo contributivo della prima ed ottenerne la condanna al versamento dei contributi nei confronti del secondo.

La Cassazione ha quindi precisato come, per converso, resta esclusa per ragioni processuali la possibilità per il lavoratore di agire per ottenere una condanna del datore al pagamento dei contributi nei confronti dell'INPS che non sia stato chiamato in causa, stante la generale esclusione dei provvedimenti nei confronti di terzo.

Di regola, infatti, il processo deve svolgersi tra tutti coloro che sono parti del rapporto sostanziale dedotto, i quali hanno diritto ad interloquire sulle questioni che li riguardano, e il provvedimento che definisce il processo produce i suoi effetti solo nei confronti delle parti e loro aventi causa, mentre una pronuncia in favore di terzo può essere ammessa solo in alcuni casi eccezionali.

Conseguentemente, la Corte ha concluso affermando  che, in caso di omissione contributiva, il lavoratore può chiedere la condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi in favore dell'Ente Previdenziale solo se quest'ultimo sia parte nel medesimo giudizio, restando esclusa in difetto l'ammissibilità di tale pronuncia.

Valerio Pollastrini

 
1)      – Cass., Sentenza n.3491 del 14 febbraio 2014; Cass., Sentenza n. 26990 del 7 dicembre 2005;
2)      – Cass., Sentenza n.7104 del 10 giugno 1992;
3)      – Cass., Sentenza n.7459 del 21 maggio 2002;

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