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mercoledì 29 ottobre 2014

Licenziamento orale - Impugnazione – Ripartizione degli oneri probatori

Nella sentenza n.22542 del 23 ottobre 2014, la Corte di Cassazione ha riepilogato la ripartizione dell’onere della prova per l’accertamento dell’eventuale sussistenza di un licenziamento orale.

Nel caso di specie, una donna aveva convenuto in giudizio l’ex datore di lavoro, lamentando di essere stata licenziata verbalmente dopo essersi assentata dal lavoro a causa di minacce di aborto.

La Corte di Appello di Roma, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale di primo grado, aveva  rigettato la domanda avente ad oggetto l'impugnativa del supposto licenziamento verbale.

La Corte territoriale, infatti, aveva osservato che il solo certificato di nascita della figlia della ricorrente non fosse sufficiente a ritenere provato il suddetto recesso.

Di contro, il giudice dell’appello aveva rilevato che, dall’escussione di una teste, era emerso solamente che la dipendente si era volontariamente allontanata dal lavoro.

Avverso questa sentenza, la donna aveva adito la  Cassazione, sostenendo che la Corte territoriale erroneamente non aveva considerato che sul lavoratore incombe il solo onere della prova relativo alla sua estromissione dal rapporto, mentre la relativa prova della controdeduzione spetta la datore di lavoro.

La ricorrente, inoltre, aveva dedotto che la Corte del merito non aveva tenuto conto della convocazione dell’azienda per il tentativo di conciliazione dinanzi la DPL di Roma in epoca d'interdizione del licenziamento e della sua manifestazione della disponibilità  a ripristinare il rapporto di lavoro.

Investiti della questione, gli ermellini hanno ritenuto infondate le predette censure.

Nella premessa, la Suprema Corte ha confermato che la giurisprudenza di legittimità, richiamata dalla ricorrente, sia concorde nel ritenere che, qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio la inefficacia o invalidità dello stesso, il datore di lavoro è chiamato a dedurre la sussistenza di dimissioni del dipendente.

In simili casi, pertanto, la prova gravante sul lavoratore è limitata alla sua estromissione dal  rapporto, mentre la controdeduzione del datore di lavoro assume la valenza di un'eccezione in senso stretto, il cui onere probatorio ricade sull'eccipiente ai sensi dell'art.2697, secondo comma, del Codice Civile (1).

In sostanza, il lavoratore è chiamato a  dimostrare la sua estromissione.

Ebbene, con riguardo al caso di specie, la Corte del merito aveva chiarito  che l’unica circostanza provata era stata quella  dell'allontanamento volontario della lavoratrice, difettando, invece, la prova della sua estromissione.

Né la dimostrazione del recesso poteva essere desunta dalla mancata presentazione della società alla convocazione per il tentativo di conciliazione avanti alla DPL di Roma, nonché dal fatto che, in tale sede, la lavoratrice aveva formalmente messo a disposizione dell’azienda le proprie energie lavorative.

Tali circostanze, infatti, poiché afferenti ad un periodo successivo alla data del dedotto licenziamento, non potevano assumere rilievo ai fini di cui trattasi.

Sulla base delle esposte considerazioni, la Cassazione ha concluso con il rigetto del ricorso.

Valerio Pollastrini

1)      - Cass., Sentenza n.21684 del 19 ottobre 2011;

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