La
normativa di riferimento (1), infatti, dispone
che nel contratto a tempo parziale deve essere espressamente indicata la durata
della prestazione lavorativa e della ripartizione temporale dell'orario con
riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.
Nella
sostanza, la fattispecie contrattuale in commento richiede che il dipendente
sia messo nella condizione di conoscere preventivamente il periodo nel quale
verrà richiesta la sua prestazione lavorativa.
Gli
ermellini hanno quindi precisato come, nel rispetto di tale preventiva
determinazione, il contratto a tempo parziale risulti compatibile con
un'organizzazione del lavoro articolata su turni predefiniti, sottratta però ad
ogni variazione unilaterale da parte del datore di lavoro, sia nell'ipotesi di
una pattuizione espressa, c.d. clausola rigida, che in presenza di clausole
c.d. elastiche.
Di
conseguenza, la Suprema Corte ha ribadito l’illegittimità di una eventuale
variazione dell’orario disposta unilateralmente dal datore di lavoro, atteso che
tra le finalità del part-time vi è quella di consentire al dipendente la
puntuale soddisfazione di esigenze familiari e/o di altre attività di lavoro.
Valerio
Pollastrini
1)
-
Art.2, comma 2, del D.Lgs. n.61 del 25 febbraio 2000;
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