Il
caso di specie è quello che ha avuto ad oggetto la domanda di risarcimento proposta degli
eredi di un medico specialista in
gastroenterologia in un centro tumori, deceduto in seguito ad una malattia
professionale.
La
Corte di Appello aveva disposto in favore dei ricorrenti la sola liquidazione
del danno morale iure proprio, dichiarando, tuttavia, inammissibile la
domanda di risarcimento dei danni esistenziale e morale iure hereditatis.
Investita
della questione, la Cassazione ha precisato
come il danno morale subito dal deceduto costituisse una voce
risarcitoria distinta rispetto al danno biologico dallo stesso subito, in
quanto attinente alle sofferenze psicofisiche del danneggiato e non alle
conseguenze invalidanti della sua integrità psicofisica.
Di
conseguenza, il danno morale, pur costituendo, al pari di quello biologico, un
pregiudizio non patrimoniale, non è ricompreso in quest’ultimo e va liquidato
autonomamente, in forza, oltre che delle
disposizioni di legge, della differenza
ontologica esistente tra di essi.
In
sostanza, i danni predetti sono
costituiti da due differenti aspetti: il dolore ulteriore e la significativa
alterazione della vita quotidiana.
A
proposito del danno morale, la Suprema
Corte ha poi ribadito come lo stesso risulti configurato anche con riferimento
all’evento morte del soggetto danneggiato, conseguente a distanza di tempo
dalla lesione.
Il
c.d. “ danno catastrofale”, pertanto, va
ritenuto del tutto diverso da quello c.d. “tanatologico”, connesso alla perdita
della vita, che va incluso nella categoria del danno non patrimoniale ed è
risarcibile in favore degli eredi del defunto.
In
merito al risarcimento del danno esistenziale iure proprio patito dagli eredi, gli ermellini hanno sottolineato,
invece, come, in considerazione delle alterazioni dell’esistenza futura dei
familiari superstiti, la relativa liquidazione debba avvenire in via autonoma e
secondo l’applicazione di criteri di valutazione equitativa.
In
virtù di tutte le riportate considerazioni, la Cassazione, sconfessando la
pronuncia di appello, ha concluso osservando che, in caso di perdita definitiva
del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha
diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale
subito, in proporzione alla durata e all’intensità del vissuto, nonché alla
composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza
morale e materiale, avuto riguardo all'età della vittima e a quella dei
familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro
capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del
caso concreto.
Valerio
Pollastrini
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