Alcuni
croupiers del Casinò di Saint Vincent
avevano adito il Tribunale di Aosta al fine di ottenere la condanna del datore
di lavoro all'accantonamento nelle quote annuali del TFR di una somma pari al
75% delle mance da essi percepite.
Sia
il Tribunale di primo grado, che la Corte di Appello di Torino, però, avevano rigettato
la domanda.
I
dipendenti avevano quindi proposto
ricorso per Cassazione
Investita
della questione, la Cassazione ha premesso come, per la risoluzione della controversia
sia necessario analizzare quanto disposto dall’art.2120 c.c. (1), a mente del
quale "Salvo diversa previsione dei
contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del calcolo del Tfr,
comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura,
corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e
con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese".
Il
primo problema, sul punto, è quello legato alla valutazione sulla sussistenza
di una necessaria coincidenza tra gli importi che costituiscono reddito da
lavoro dipendente ai sensi degli artt.46 e 48 del TUIR (2), nonché tra gli
importi assoggettabili a contribuzione previdenziale, e la retribuzione che
costituisce base di calcolo per il TFR.
In
proposito, la Cassazione ha precisato che le mance percepite dagli impiegati
tecnici delle case da gioco rientrano, ai sensi dell'art.46 del D.P.R. n.917/1986,
nella nozione di reddito, poiché esse trovano nell'esistenza del rapporto di
lavoro subordinato il necessario presupposto per la loro percezione e, perciò,
in quanto effettivamente corrisposte, concorrono alla determinazione del
reddito di lavoro dipendente ai sensi dell'art.48, comma primo, del citato
D.P.R., ancorché nella sola misura del 75 % delle stesse, in virtù del secondo
comma del medesimo art.48.
Conseguentemente,
gli ermellini hanno ritenuto che le
suddette mance rientrano, di per sé, nel concetto di reddito di lavoro
dipendente anche ai fini contributivi, con la conseguente assoggettabilità a
contribuzione nella misura del 75 % del loro importo, poiché il restante 25 per
cento non è considerato utile a formare il reddito (3).
La
soluzione adottata, peraltro, risulta supportata dall'art.48, comma 2, lettera
i), del TUIR (4), che esclude
dalla retribuzione imponibile le mance percepite dagli impiegati tecnici delle
case da gioco direttamente o per effetto
del riparto a cura di appositi organismi costituiti all'interno dell'impresa
nella misura del 25 % dell'ammontare percepito nel periodo d'imposta, così
presupponendo che la misura residua del 75% debba esservi assoggettata.
Parimenti,
la Corte aveva anche rilevato come l'incremento patrimoniale realizzato dalla percezione delle mance rientri nel concetto di
reddito, e che, considerata la derivazione dal rapporto di lavoro, ciò risulta
necessario e sufficiente per determinarne l'assoggettabilità a prelievo
fiscale.
Per
la definizione della questione, pertanto, deve valorizzarsi il nesso di
occasionalità necessaria, dal quale deriva il collegamento delle mance alla
prestazione lavorativa, tale da integrare i presupposti previsti dal testo
unico delle imposte sui redditi, senza però affrontare il problema della
coincidenza o meno di tale nozione con quella presupposta dall'art.2120 c.c..
Quello
espresso dalla Corte, infatti, è un ragionamento sorretto dalla disciplina che
regola l'assoggettamento degli importi a prelievo fiscale, improntata al concetto di reddito inteso come
incremento della capacità economica, così come risulta dalla previsione della
misura percentuale del 75% dell'assoggettamento degli importi, che solo in tale
logica trova una sua giustificazione.
La
sussistenza dell’assoggettabilità a contribuzione, inoltre, risulta confermata sulla base dell'omogeneizzazione del concetto
di reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali e contributivi, operata dal D.Lgs.
n.314 del 3 settembre 1997 (5).
Peraltro,
non sussiste piena coincidenza tra la retribuzione imponibile ai fini
previdenziali e la retribuzione effettiva, considerato che quella su cui
commisurare la contribuzione è in via generale quella c.d. "minimale",
prevista dall'art.1 del D.L. n.338 del 9 ottobre 1989 (6).
Sulla
base di tale disposizione, infatti, la contribuzione deve essere commisurata
alla retribuzione determinata dai contratti collettivi stipulati dalle
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative nella categoria,
e ciò a prescindere dall' (eventualmente inferiore) retribuzione effettivamente
dovuta o corrisposta al lavoratore e, quindi, indipendentemente dagli importi
che nel caso siano effettivamente computabili nel TFR.
La
determinazione della retribuzione imponibile, pertanto, risulta ancorata alle logiche proprie del sistema
previdenziale, improntato al principio solidaristico ed all'esigenza di
uniformare il prelievo contributivo al fine di uniformare nei diversi settori
gli importi delle pensioni.
La
Cassazione ha quindi precisato che nel caso di specie è necessario avere
riguardo alla nozione di retribuzione, quale tradizionalmente assunta
nell'ambito del rapporto di lavoro, nella regolamentazione del quale si
inserisce l’art.2120 c.c., essa va desunta dalla causa genetica e funzionale
del contratto, e consiste, in base alla previsione dell'articolo 2099 c.c., in tutto
quanto il dipendente riceva in cambio della sua prestazione di lavoro, e che si
ponga con tale prestazione in nesso non di sola occasionalità necessaria, ma di
corrispettività e quindi di derivazione eziologica.
Si
tratta di una nozione nella quale, tuttavia, non rientrano le mance dei croupiers.
Tali
emolumenti, infatti, provengono da terzi estranei al rapporto, diversi dal
soggetto tenuto all'erogazione del T.F.R. ed, inoltre, in quanto scaturite
abitualmente nei casi di vincita, non
derivano esclusivamente dalla prestazione resa, ma dal gradimento che i clienti
hanno tratto dalla fruizione complessiva dei servizi offerti dal Casinò, dal
che ne consegue la ripartizione in parti uguali con il datore di lavoro.
Inoltre,
le mance non presentano i necessari requisiti dell'obbligatorietà e della
determinatezza o determinabilità (7), considerato che il datore di lavoro
non è tenuto in alcun modo a garantire che le stesse sussistano o raggiungano
determinati minimi e che non risultano parametri di alcun tipo che consentano
la prevedibilità ex ante della somma che sarà a tale titolo percepita o che la
parametrino a elementi determinati.
Di
contro, sempre a detta degli ermellini, a diverso avviso si potrebbe giungere
solo nel caso in cui uno specifico accordo negoziale determinasse le condizioni
perché tali emolumenti dovessero in tutto o in parte essere considerati
integrativi della retribuzione, con i conseguenti effetti in relazione alle
vicende del rapporto.
Più
volte la Cassazione, pronunciandosi sulla specifica questione oggetto di causa,
ha affermato che, se normalmente gli importi erogati da terzi non si pongono in
funzione sinallagmatica della prestazione lavorativa, a diverso avviso si può
giungere nei casi in cui le parti del contratto individuale o collettivo,
svincolando l'erogazione dalla sua fonte e finalizzandola al regolamento del
rapporto di lavoro, abbiano ad essa conferito funzione di coefficiente
integrativo della retribuzione (8).
In
conclusione, la Suprema Corte, confermando il consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità (9), ha escluso la computabilità, ai fini del calcolo
del TFR, di una quota forfettizzata delle mance dei "croupiers" di
una casa da gioco.
Valerio
Pollastrini
1)
-
nel testo introdotto dall'art.1 della Legge n.297/1982;
2)
-
nella numerazione ante-riforma del 2004, 49 e 51 post-riforma;
3)
–
Cass., Sentenza n.6238 del 21 marzo 2006; Cass., Sentenza n.5698 del 12 marzo
2007; Cass., Sentenza n.12724 del 20 maggio 2008;
4)
-
nel testo anteriore alla riforma del 2004, corrispondente all'art.51, comma 2,
lettera i), del testo successivo alla riforma;
5)
-
Legge Delega emanata con l'art.3, comma 19, della Legge n.662 del 23 dicembre
1996;
6)
-
convertito in Legge n.389/1989, art.1 (come interpretato dall'art.2, comma 25,
della Legge n.549 del 28 dicembre 1995;
7)
-
Cass., Sentenza n.6963 del 23 marzo
2009; Cass., Sentenza n.568 del 30
gennaio 1989; Cass., Sentenza n.3288 del
19 maggio 1986;
8)
-
Cass., Sentenza n.9538 del 1° luglio 2002;
Cass., Sentenza n.8598 del 16 luglio
1992;
9)
–
Cass., Sentenza n.8598 del 16 luglio 1992; Cass., Sentenza n.11502 del 04
novembre 1995; Cass., Sentenza n.1305 del 12 febbraio 1997;
Nessun commento:
Posta un commento