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sabato 25 ottobre 2014

Dirigente - Violazione degli obblighi previsti in materia di etichettatura dei prodotti tessili – Insussistenza del licenziamento ingiurioso

Nella sentenza n.22536 del 23 ottobre 2014,  la Corte di Cassazione ha tracciato i profili dell’illegittimo licenziamento ingiurioso.

Il caso di specie è quello scaturito dal licenziamento di un dirigente, ritenuto responsabile dell’errata etichettatura di un prodotto, presentato come lino ma, in realtà, composto da un tessuto di qualità inferiore.

La Corte di Appello di Venezia, confermando la pronuncia emessa dal Tribunale di Treviso, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento  per difetto della procedura di cui all’art.7 dello Statuto dei Lavoratori, ed aveva riconosciuto al dipendente l’indennità supplementare, ma non anche il risarcimento del danno per l’asserito carattere ingiurioso del recesso.

Contro questa sentenza, il dirigente aveva adito la Cassazione, dolendosi del fatto che l’impugnata sentenza aveva negato il carattere ingiurioso del licenziamento, omettendo di indagare ulteriormente sui veri motivi che erano all’origine del pretestuoso recesso intimato dalla società.

A tal fine, sempre secondo il lavoratore, la Corte territoriale avrebbe dovuto valorizzare i molteplici elementi dai quali, nell’istruttoria, sarebbe emerso che da diversi mesi  l’azienda avrebbe voluto interrompere il rapporto e che, dunque, la condotta oggetto della contestazione disciplinare sarebbe stata strumentalmente utilizzata per licenziarlo, atteso, inoltre, che altri due dirigenti, pur avendo maggiori responsabilità per l’accaduto, erano stati sanzionati in maniera più lieve.

In sostanza, tali elementi, in quanto utili a dimostrare la pretestuosità del licenziamento, avrebbero dovuto indurre i giudici di merito a riconoscerne anche il carattere ingiurioso.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto infondate le censure mosse dal ricorrente.

Nella premessa, gli ermellini hanno ricordato che l’azienda aveva attribuito al ricorrente una violazione degli obblighi previsti dalle disposizioni vigenti in materia di etichettatura dei prodotti tessili, ma l’addebito - per quanto infondato, strumentale e/o pretestuoso - non costituisce fatto di per sé ingiurioso, non potendosi considerare tale ogni ipotizzata giusta causa di recesso rivelatasi, poi, insussistente.

Invero, secondo costante giurisprudenza di legittimità (1), per dar luogo ad un danno risarcibile, il licenziamento di un dirigente deve concretarsi - per la forma o per le modalità del suo esercizio e per le conseguenze morali e sociali che ne siano derivate - in un atto ingiurioso, ossia lesivo della dignità e dell’onore del lavoratore licenziato, connotazione che non s’identifica con la mera mancanza di giustificazione del recesso.

In altre parole, il carattere ingiurioso del licenziamento, che deve essere provato da chi lo deduce, deriva unicamente dalla forma in cui esso venga espresso o dalla pubblicità o da altre modalità con cui sia stato adottato, idonee a ledere l’integrità psico-fisica del lavoratore.

Solo in tali evenienze, dunque, il danno da licenziamento ingiurioso eccede quello risarcibile a seguito di recesso meramente ingiustificato, strumentale o pretestuoso.

A titolo esemplificativo, va considerato ingiurioso il licenziamento cui l’azienda dia indebita e non necessaria pubblicità, che si accompagni a non necessarie considerazioni sulle qualità personali e/o professionali del lavoratore e/o che gli attribuisca condotte dolose e/o infamanti secondo il comune sentire, non anche quello che ne evochi (per quanto infondatamente) un contegno meramente colposo.

Tornando al caso di specie, la Cassazione ha escluso che dalla pretestuosità del licenziamento potesse desumersi il carattere ingiurioso dello stesso, in quanto pretestuosità ed ingiuriosità sono concetti non coincidenti, né necessariamente concorrenti.

Valerio Pollastrini


1)      - Cass., Sentenza n.15496/2008; Cass., Sentenza n.7479/2003; Cass., Sentenza n.5850/1997; Cass., Sentenza n.6375/1987;

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