Nel
caso di specie, un lavoratore aveva ottenuto in giudizio l’annullamento delle sue
dimissioni, in quanto rassegnate in stato di incapacità.
Per
tale ragione, il giudice del merito aveva condannato l’azienda a corrispondere
al ricorrente i compensi dallo stesso maturati dalla data della sentenza a
quella dell'effettivo ripristino del rapporto lavorativo.
Questa
pronuncia, però, era stata impugnata dal lavoratore, il quale, nell’adire la
Cassazione, aveva sostenuto che le retribuzioni dovutegli non fossero solamente
quelle decorrenti successivamente alla sentenza del merito, bensì, anche quelle
maturate a partire dalla data in cui aveva reso le proprie dimissioni.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha confermato, tuttavia, quanto disposto
nella sentenza del merito.
Gli
ermellini, infatti, hanno precisato come, in simili casi, occorra tenere
presente che, in virtù della natura sinallagmatica del contratto di lavoro, il
diritto del dipendente a ricevere la retribuzione sorge dal momento in cui lo
stesso mette a disposizione dell’azienda la propria prestazione lavorativa.
Di
conseguenza, la richiesta con la quale il ricorrente aveva dedotto il proprio
diritto al compenso maturato sin dalla data delle dimissioni, non può essere
accolta.
In
base alle suddette considerazioni, pertanto, la Cassazione ha concluso
precisando che, nel caso di annullamento delle dimissioni, le retribuzioni
spettano dalla data della sentenza che dichiari la loro illegittimità.
Valerio
Pollastrini
Nessun commento:
Posta un commento