In
particolare, il Ministero ha precisato che:
-
potrà ritenersi delocalizzata una attività di call-center qualora le commesse
acquisite da una azienda con sede legale in Italia e già avviate nel territorio
nazionale siano trasferite - prima della naturale scadenza del relativo contratto
a personale operante all'estero sia attraverso la successiva apertura di nuove
filiali fuori dal territorio nazionale, sia attraverso un meccanismo di
subappalto;
-
almeno 120 giorni prima del trasferimento, occorre effettuare una comunicazione
(anche) a questo Ministero indicando almeno il numero dei lavoratori coinvolti
" (...)" e cioè coloro i quali (a prescindere dall'inquadramento,
subordinato o autonomo), in conseguenza della delocalizzazione della attività
di call-center siano ritenuti in esubero dal datore di lavoro e pertanto
interessati da un minor impiego o addirittura da procedure di licenziamento:
-
gli obblighi di comunicazione in questione non ricorrano nel caso in cui nel
corso di svolgimento di uno specifico appalto, l’azienda delocalizzi senza
generare esuberi o un minor impiego del personale sino a quel momento impegnato
su tale commessa.
Sul
punto, l’Amministrazione ha poi richiamato il comma 3 della norma sopra citata,
ai sensi del quale le aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri non
possono beneficiare delle agevolazioni contributive previste dalla legge
n.407/1990.
Ciò
premesso, il Ministero è intervenuto al fine di inquadrare correttamente la
disciplina in commento nell'ambito dei principi comunitari in materia di
liberta di stabilimento e libera prestazione di servizi.
La
Nota ha chiarito che sia tale
disposizione, sia l’obbligo di comunicazione - quest'ultimo evidentemente
collegato alla applicabilità della "sanzione" relativa alla mancata
concessione dei benefici - trovano applicazione esclusivamente nei casi in cui
la delocalizzazione avvenga verso Paesi extracomunitari.
Valerio
Pollastrini
1)
-
Convertito nella Legge n.134/2012;
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