La
vicenda è quella di un dipendente che durante il lavoro aveva pubblicato sul
social network alcune foto scattate ai
colleghi, corredate di commenti negativi nei riguardi del datore di lavoro.
In
seguito a specifiche verifiche, l’azienda aveva inoltre accertato che lo stesso
dipendente, sempre in orario lavorativo, fosse solito accedere anche a siti di
natura pornografica.
Ritenuti
tali atti contrari ai doveri di diligenza, correttezza e buona fede
nell'esecuzione della prestazione, l’azienda aveva licenziato il lavoratore.
Nell’impugnare
il recesso, il dipendente aveva sostenuto che il collegamento a Facebook fosse
stato compiuto da terze persone che si sarebbero impossessate delle sue
credenziali, mentre, per quanto riguarda la navigazione nei sito porno, aveva
precisato come altri dipendenti, oltre a lui, avessero accesso al suo pc.
Investito
della questione, il Tribunale ha
confermato la legittimità del licenziamento, ritenendo che la condotta del
lavoratore avesse screditato l'immagine
dell' azienda, ledendo irreparabilmente il vincolo fiduciario posto alla base
del rapporto.
Valerio
Pollastrini
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