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venerdì 5 settembre 2014

Legittimo licenziare il dipendente che si assenta spesso per malattia

Nella sentenza n.18678 del 4 settembre 2014, la Corte di Cassazione ha affermato che il dipendente, che sia solito assentarsi dal lavoro per malattia, prima o dopo i giorni di riposo, può essere legittimamente licenziato, nonostante il mancato superamento del periodo di comporto.

Nel caso di specie, il recesso per giustificato motivo soggettivo era stato irrogato a fronte della complessiva inadeguatezza della prestazione assicurata dal lavoratore, dovuta alle sue abituali assenze mensili, che, tra l’altro, costituivano una fonte costante di  malcontento fra i colleghi costretti sostituirlo.

Nel ritenere legittimo il licenziamento, la Suprema Corte ha emanato una pronuncia che farà certamente discutere, in quanto, di fatto, introduce  il recesso per “eccessiva morbilità”.

Secondo gli ermellini, le frequenti assenze per periodi di malattia, più volte accusati  a gruppi di due o tre giorni nell’ambito dello stesso mese e strategicamente agganciati  alle feste comandate, renderebbero il dipendente non più proficuamente utilizzabile dal datore di lavoro.

Ricordando come, in base alle disposizioni legali e contrattuali, l’assenteista sia tenuto a comunicare la malattia soltanto all’ultimo momento e spesso in vista di turni notturni o festivi, la Cassazione ha osservato che da una simile condotta possano scaturire  delle tensioni in azienda, dovute alla necessità di provvedere alle sostituzioni del caso.

Queste, in sostanza, le ragioni che hanno indotto la Corte di legittimità a ritenere che la condotta contestata al dipendente integrasse i presupposti per il recesso ex art.3 della Legge n.604/66, ai sensi del quale “il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.

Valerio Pollastrini

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