Nel
caso di specie, il recesso per giustificato motivo soggettivo era stato
irrogato a fronte della complessiva inadeguatezza della prestazione assicurata
dal lavoratore, dovuta alle sue abituali assenze mensili, che, tra l’altro,
costituivano una fonte costante di malcontento fra i colleghi costretti
sostituirlo.
Nel
ritenere legittimo il licenziamento, la Suprema Corte ha emanato una pronuncia
che farà certamente discutere, in quanto, di fatto, introduce il recesso per “eccessiva morbilità”.
Secondo
gli ermellini, le frequenti assenze per periodi di malattia, più volte accusati
a gruppi di due o tre giorni nell’ambito
dello stesso mese e strategicamente agganciati alle feste comandate, renderebbero il
dipendente non più proficuamente utilizzabile dal datore di lavoro.
Ricordando
come, in base alle disposizioni legali e contrattuali, l’assenteista sia tenuto
a comunicare la malattia soltanto all’ultimo momento e spesso in vista di turni
notturni o festivi, la Cassazione ha osservato che da una simile condotta
possano scaturire delle tensioni in
azienda, dovute alla necessità di provvedere alle sostituzioni del caso.
Queste,
in sostanza, le ragioni che hanno indotto la Corte di legittimità a ritenere
che la condotta contestata al dipendente
integrasse i presupposti per il recesso ex art.3 della Legge n.604/66, ai sensi
del quale “il licenziamento per
giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento
degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti
all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare
funzionamento di essa”.
Valerio
Pollastrini
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