Nella
sentenza n.4618 del 10 settembre 2014, il Consiglio di Stato ha chiarito che il
padre lavoratore può beneficiare dei riposi giornalieri previsti per il primo anno di vita del bambino anche se la
moglie è casalinga.
Il
caso di specie è scaturito dalla decisione con la quale il Ministero dell’Interno aveva negato il
diritto in commento ad un assistente della Polizia di Stato, in quanto coniuge
di una casalinga.
In
prima istanza, il Tar aveva rigettato il ricorso del lavoratore, precisando che
il godimento dei permessi in commento, concesso al padre unicamente in caso di
rinuncia da parte della madre lavoratrice, non potesse essere riconosciuto
poiché quella di casalinga, svolta dalla
consorte, non sarebbe qualificabile come attività di tipo lavorativo.
In
sostanza, secondo il Tar, nel caso di madre casalinga, il padre lavoratore
dipendente non potrebbe utilizzare i suddetti riposi giornalieri, finalizzati a
garantire al figlio, entro l’anno di vita, la presenza alternativa di uno dei
genitori.
Investito
della questione il Consiglio di Stato ha preliminarmente riepilogato la normativa di riferimento ed, in
particolare, ha ricordato che l’art. 39 del D.Lgs. n.151/2001 sancisce il diritto delle lavoratrici madri di godere, durante il primo
anno di vita del bambino, di due ore di riposo, anche cumulabili durante la giornata.
Il
Collegio ha poi menzionato l’art.40 dello stesso Decreto Legislativo, in base
al quale il padre lavoratore ha la possibilità di fruire dei suddetti riposi nei
casi in cui: i figli siano affidati al solo padre; in alternativa alla madre
lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; la madre non sia lavoratrice
dipendente; morte o grave infermità della madre.
Sull’argomento,
inoltre, in una precedente sentenza (1) il Consiglio di Stato aveva già avuto
modo di dichiarare l’illegittimità del diniego dei permessi in circostanze analoghe a
quelle prospettate nel caso di specie.
Nella
richiamata pronuncia, infatti, era stato rilevato che, attribuendo al padre la
possibilità di utilizzare i permessi per la cura del figlio in sostituzione la
madre che non sia lavoratrice dipendente ma, tuttavia, impegnata in attività
che la distolgano dalla cura del bambino, la normativa di riferimento includa implicitamente
tra esse anche quella di casalinga.
Si
tratta di un’interpretazione confermata, tra l’altro, dalla giurisprudenza di
legittimità (2), che, richiamando
i principi di cui agli artt.4, 36 e 37 della Costituzione, assimila l'attività domestica
a quella lavorativa.
Per
tutte le ragioni sopra indicate, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso,
riconoscendo così il diritto del ricorrente al godimento dei permessi in
commento.
Valerio
Pollastrini
- – Consiglio di Stato, Sentenza n.4293 del 9 settembre 2008;
- - Cass., Sentenza n.20324 del 20 ottobre 2005;
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