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mercoledì 17 settembre 2014

Gli accordi aziendali possono derogare in peius il CCNL

Nella sentenza n.19396 del 15 settembre 2014, la Corte di Cassazione ha ribadito che i contratti aziendali possono derogare in peius i contratti nazionali, purché salvaguardino i diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori.

Nel caso di specie, un operaio addetto alle pulizie della stazione ferroviaria di Brindisi, in seguito al suo trasferimento presso la stazione di Lecce, aveva richiesto all’azienda  il pagamento di 7.368,00 € a titolo di indennità di trasferta, secondo quanto disposto dal Contratto Collettivo Nazionale di categoria.

Confermando quanto disposto dal Tribunale di Brindisi, la Corte di Appello di Lecce aveva però  rigettato la domanda del lavoratore, osservando  che la previsione del CCNL invocata fosse stata derogata da un accordo sindacale finalizzato alla  salvaguardia dei livelli  occupazioni,   che aveva espressamente escluso il diritto all’indennità in questione per le trasferte da Brindisi a Lecce.

Il giudicante, in sostanza, aveva ritenuto che l’accordo predetto fosse valido ed applicabile a tutti i lavoratori dell’azienda, nonostante contenesse previsioni peggiorative rispetto al contratto nazionale.

Contro questa sentenza, il lavoratore aveva adito la Cassazione, deducendo che gli accordi sindacali sarebbero inapplicabili ai lavoratori che non vi abbiano aderito.

Il ricorrente, inoltre, aveva contestato l’efficacia delle previsioni di accordi sindacali  derogatori  di diritti irrinunciabili quali quello alla retribuzione, a cui andrebbe assimilata l’indennità di trasferta.

Investita della questione, la Suprema Corte ha ricordato come dottrina e giurisprudenza siano concordi nel ritenere  che le parti sociali possano prorogare l'efficacia dei contratti collettivi, nonché modificare, anche in senso peggiorativo, i pregressi inquadramenti e le pregresse retribuzioni,  fermi restando i diritti quesiti dei lavoratori sulla base della precedente contrattazione collettiva.

Gli ermellini, inoltre, hanno precisato che, sul piano della  concorrenza tra disciplina nazionale ed aziendale, è necessario tenere conto dei limiti di efficacia connessi alla natura dei contratti stipulati, atteso che il contratto collettivo nazionale di diritto comune estende la sua efficacia nei confronti di tutti gli iscritti alle organizzazioni stipulanti, mentre e quello aziendale estende, invece, la sua efficacia nei confronti di tutti i dipendenti dell’impresa, siano essi iscritti o meno alle organizzazioni stipulanti.

La Corte ha poi aggiunto che l’eventuale  concorso tra i diversi livelli contrattuali non deve essere risolto  secondo i principi della gerarchia e della specialità propria delle fonte legislative, bensì attraverso l’accertamento di  quale sia l'effettiva volontà delle parti, desumibile dal coordinamento delle varie disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutti pari dignità e forza vincolante.

Conseguentemente,  anche i contratti aziendali possono derogare in peius quelli nazionali, a patto che risultino salvaguardati i diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori, non potendo questi  ricevere un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa contrattuale, di eguale o di diverso livello.

A proposito del caso in esame, infine, non va taciuto che  la Corte territoriale aveva ritenuto che la contrattazione aziendale fosse  applicabile al ricorrente, anche perché lo stesso era risultato  iscritto ad una delle associazioni sindacali firmatarie dell’accordo in questione.

Si tratta di una  circostanza che rafforza ulteriormente  il principio sopra richiamato, in base al quale il contratto collettivo aziendale estende la sua efficacia a tutti i lavoratori dell’impresa, indipendentemente dalla loro iscrizione alle organizzazioni stipulanti. 

Tutte le considerazioni sin qui riportate hanno indotto la Cassazione a rigettare il ricorso.



Valerio Pollastrini

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