Nel
caso di specie, un operaio addetto alle pulizie della stazione ferroviaria di
Brindisi, in seguito al suo trasferimento presso la stazione di Lecce, aveva
richiesto all’azienda il pagamento di
7.368,00 € a titolo di indennità di trasferta, secondo quanto disposto dal
Contratto Collettivo Nazionale di categoria.
Confermando
quanto disposto dal Tribunale di Brindisi, la Corte di Appello di Lecce aveva
però rigettato la domanda del
lavoratore, osservando che la previsione
del CCNL invocata fosse stata derogata da un accordo sindacale finalizzato
alla salvaguardia dei livelli occupazioni,
che aveva espressamente escluso
il diritto all’indennità in questione per le trasferte da Brindisi a Lecce.
Il
giudicante, in sostanza, aveva ritenuto che l’accordo predetto fosse valido ed
applicabile a tutti i lavoratori dell’azienda, nonostante contenesse previsioni
peggiorative rispetto al contratto nazionale.
Contro
questa sentenza, il lavoratore aveva adito la Cassazione, deducendo che gli
accordi sindacali sarebbero inapplicabili ai lavoratori che non vi abbiano
aderito.
Il
ricorrente, inoltre, aveva contestato l’efficacia delle previsioni di accordi sindacali
derogatori di diritti irrinunciabili quali quello alla
retribuzione, a cui andrebbe assimilata l’indennità di trasferta.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha ricordato come dottrina e giurisprudenza siano
concordi nel ritenere che le parti
sociali possano prorogare l'efficacia dei contratti collettivi, nonché
modificare, anche in senso peggiorativo, i pregressi inquadramenti e le
pregresse retribuzioni, fermi restando i
diritti quesiti dei lavoratori sulla base della precedente contrattazione
collettiva.
Gli
ermellini, inoltre, hanno precisato che, sul piano della concorrenza tra disciplina nazionale ed aziendale,
è necessario tenere conto dei limiti di efficacia connessi alla natura dei
contratti stipulati, atteso che il contratto collettivo nazionale di diritto
comune estende la sua efficacia nei confronti di tutti gli iscritti alle organizzazioni
stipulanti, mentre e quello aziendale estende, invece, la sua efficacia nei
confronti di tutti i dipendenti dell’impresa, siano essi iscritti o meno alle
organizzazioni stipulanti.
La
Corte ha poi aggiunto che l’eventuale concorso tra i diversi livelli contrattuali
non deve essere risolto secondo i
principi della gerarchia e della specialità propria delle fonte legislative,
bensì attraverso l’accertamento di quale
sia l'effettiva volontà delle parti, desumibile dal coordinamento delle varie
disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutti pari dignità e forza
vincolante.
Conseguentemente,
anche i contratti aziendali possono
derogare in peius quelli nazionali, a
patto che risultino salvaguardati i diritti già definitivamente acquisiti nel
patrimonio dei lavoratori, non potendo questi ricevere un trattamento deteriore in ragione
della posteriore normativa contrattuale, di eguale o di diverso livello.
A
proposito del caso in esame, infine, non va taciuto che la Corte territoriale aveva ritenuto che la
contrattazione aziendale fosse applicabile
al ricorrente, anche perché lo stesso era risultato iscritto ad una delle associazioni sindacali
firmatarie dell’accordo in questione.
Si
tratta di una circostanza che rafforza
ulteriormente il principio sopra richiamato,
in base al quale il contratto collettivo aziendale estende la sua efficacia a
tutti i lavoratori dell’impresa, indipendentemente dalla loro iscrizione alle
organizzazioni stipulanti.
Tutte
le considerazioni sin qui riportate hanno indotto la Cassazione a rigettare il
ricorso.
Valerio
Pollastrini
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