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sabato 13 settembre 2014

Emersione da lavoro irregolare - Silenzio-rifiuto dell'Amministrazione


Nella sentenza n.4607 del 10 settembre 2014, il Consiglio di Stato ha riepilogato i termini con i quali l’Amministrazione può opporre silenzio-rifiuto alle domande di emersione da lavoro irregolare degli extracomunitari.

Nel caso di specie, un cittadino bangladese aveva impugnato dinnanzi al Tar delle Marche il silenzio-rifiuto opposto dalla PA  alla sua istanza di emersione (1), ritenendo decorso il termine per la conclusione del procedimento individuato, in assenza di una disposizione specifica.

Richiamando una precedente sentenza (2), il Tribunale Amministrativo aveva accolto il ricorso, ritenendo  quale termine massimo di conclusione del procedimento di emersione del rapporto irregolare quello generale cui all’art.2, comma 2, della Legge n.241/1990, ovvero quello di 30 giorni (3).

Contro questa sentenza l’Amministrazione aveva adito il Consiglio di Stato, deducendo l’impossibilità di mutuare i termini di una procedura straordinaria come quella di emersione dalle procedure ordinarie per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno e sostenendo che l’applicazione del termine generale previsto dall’art.2 della legge n.241/1990 sarebbe esclusa per i procedimenti in materia di immigrazione dallo stesso art.2.

La parte ricorrente, inoltre, aveva dedotto che lo stesso DPCM n.214/2012, nel regolare i termini dei procedimenti amministrativi di durata non superiore a novanta giorni,  non considera tra questi la procedura di emersione.

Investito della questione, il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato l’appello dell’Amministrazione, richiamando a sostegno della  decisione  proprio la disciplina dei termini dei procedimenti amministrativi prevista dall’art.2 della legge 241/1990.

In proposito, infatti, è necessario considerare l’intera sequenza di norme consecutivamente previste dai commi 2,3,4 del citato art.2:

" 2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni.

3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge  23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali.

4. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza.

5. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione."

Considerata la sequenza delle norme, appare del tutto evidente che l’esclusione della materia dell’immigrazione di cui all’ultimo periodo del sopra riportato comma 4 riguarda l’intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo prevista dai tre commi e a maggior ragione il termine più breve previsto dal comma 2.

Lo dimostra anche il fatto che la disciplina attuativa del sopra riportato comma 3 per il Ministero dell’Interno adottata con il DPCM n. 214/2012, che regola i termini dei procedimenti amministrativi di durata non superiore a novanta giorni, di competenza del Ministero dell’interno, non considera tra questi la procedura di emersione.

Il Collegio ha poi precisato che anche il termine di 20 giorni previsto dall’art. 5, comma 9, del D.Lgs. n.286/1998 per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, non può applicarsi e comunque non è perentorio, come dimostrano le disposizioni dell’articolo 9-bis del medesimo decreto che disciplinano la situazione dello straniero conseguente al superamento del termine stesso prevedendo la possibilità di svolgimento o di continuazione del lavoro a determinate condizioni.

In base alla lettura complessiva dell’impianto normativo di riferimento, il Consiglio di Stato ha ritenuto  del tutto condivisibili le considerazioni svolte dalla difesa erariale in ordine alla non estensibilità dei termini delle procedure ordinarie alla procedura di emersione e quelle relative alla espressa esclusione della materia dell’immigrazione dalla disciplina generale dei termini del procedimento amministrativo di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990.

Di conseguenza, il Collegio ha accolto l’appello dell’Amministrazione ed ha dichiarato  infondato il ricorso in primo grado, in quanto la procedura di impugnazione del silenzio della PA non può applicarsi al caso di specie.

 

Valerio Pollastrini

 

  1. - ex art.5 del  D.L. n.109 del 16 luglio 2012;
  2. - TAR Marche, Sentenza n.464 del 19 giugno 2013;
  3. - TAR Lazio, Sentenza n.1018 del 24 dicembre 2012;

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