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mercoledì 13 agosto 2014

Quanto costa alle aziende italiane la fuga dei giovani

Secondo l’analisi  diffusa da “Page Personnel”, società di Page Group specializzata nella ricerca di personale qualificato, le aziende italiane che non riescono a conservare un talento in organico registrano una perdita economica, variabile  tra  40mila ed 80mila euro.

In sostanza, la formazione di un giovane costa, ma conviene, mentre perdere le sue prestazioni si traduce in un danno.

Particolarmente penalizzante, inoltre, la selezione sbagliata, in quanto la scelta di una risorsa inadatta al ruolo da rivestire, oltre a ridurre il ritmo di crescita della società, determina l’inutilità di   un investimento che può costare fino a 50mila euro.

Nella quantificazione dei costi, la perdita indicata da Page Personnel,  corrisponde al risultato ottenuto dalla somma tra le spese per l'inserimento e il guadagno netto che si ricaverebbe con l'apporto di una risorsa formata, con esperienza dai 3 ai 5 anni e skills competitive sul mercato del lavoro internazionale.

Si tratta di un valore che varia in base al settore che, tuttavia, non è mai inferiore a 40mila euro.

Ad esempio, nel caso di un professionista neo assunto, in fuga dall'azienda dopo sei mesi di tirocinio o lavoro a tempo determinato, la remissione dell’impresa risulta così quantificata:

-         4.600 euro per il processo di selezione, con la trafila di annunci, screening dei curricula e colloqui;

-         15mila euro di business "negato" dalla fine del rapporto;

-         19mila euro per la retribuzione dei primi mesi di lavoro.

Più il candidato è valido, più la perdita pesa. Il costo, infatti, aumenta drasticamente se la nuova risorsa è un vero e proprio talento. In questo caso, infatti,  tra progetti avviati e non conclusi, clienti portati via ed il mancato guadagno,  lo studio in commento valuta la perdita intorno agli 80mila euro.

Non a caso, l’esodo maggiore si registra tra gli ingegneri e nei settori della tecnologia, che risultano connaturati dalla maggiore offerta di alternative fuori dal nostro Paese.

Un neoprofessionista dell'area finance che accetti un impiego presso una  società inglese o tedesca costa alla sua azienda italiana di provenienza circa 35mila euro.

Un ingegnere formato al Politecnico di Milano o di Torino che accetti offerte estere con stipendi più vantaggiosi rispetto a quelli italiani dai 10-15mila  euro, genera, invece, una perdita di 60mila euro.

Il danno è addirittura più drastico  nell’ambito dei profili  del commerciale, dove il giovane che, dopo solo un semestre,  recide il rapporto  causerà all’impresa un buco di 70mila, corrispondente al costo sostenuto e alla stima di quanto avrebbe reso.

Verificare se la formazione di una nuova risorsa costi più di un diverso utilizzo di quelle presenti in organico richiede almeno sei mesi, anche se, in generale, il termine per effettuare una simile valutazione varia in base all’esperienza e alle competenze del candidato.

In media, servono 6-9 mesi per considerare la risorsa inserita a pieno nella funzione e con un’adeguata  conoscenza dell’azienda e dei prodotti/servizi. Tale periodo, tuttavia, aumenta negli ambiti molto tecnici o con prodotti estremamente complessi.

Dall’analisi, infine, emerge l’ulteriore problema delle risorse sbagliate, quelle, cioè, selezionate con metodi generici o poco chiari.

In questo caso la perdita per l’impresa è doppia e si traduce nella mancata scelta di un candidato adeguato e nel mancato business sviluppato a causa dell’inserimento di un lavoratore  privo delle necessario competenze.

Complessivamente, scegliere un candidato sbagliato può costare all’azienda dai 40mila ai 50mila euro.

Valerio Pollastrini

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