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giovedì 7 agosto 2014

La CGIL ricorre alla Commissione UE contro il Jobs Act

Con un comunicato stampa del 5 agosto 2014, la CGIL ha annunciato la presentazione del ricorso alla Commissione Europea contro l’eliminazione della causale del contratto a tempo determinato disposta dalla Legge n.78/2014 (1), che ha introdotto nel nostro ordinamento alcuni contenuti del c.d. Jobs Act.

Secondo l’organizzazione sindacale, tale norma determinerebbe nel nostro Paese, in contrasto con i dettami europei,  una sostanziale prevalenza della forma di lavoro a termine rispetto a quella a tempo indeterminato.

Nel ricorso viene posto l’accento sul fatto che il precedente obbligo della causale per il legittimo   ricorso ai contratti a tempo determinato rappresentasse un argine contro un loro utilizzo improprio.

L’eliminazione della motivazione, pertanto, favorirebbe il ricorso ad una fattispecie contrattuale che penalizzerebbe il dipendente quale parte debole del rapporto di lavoro.

Il ricorrente, inoltre, lamenta che le ulteriori possibilità di  rinnovo e proroga del contratto a termine esporrebbero il lavoratore al rischio di non pervenire ad una stabilità del rapporto, condizione ritenuta primaria proprio dalla normative UE, con forti penalizzazioni soprattutto per gli over-50 e le donne.

L’azione della CGIL, in sostanza, è rivolta ad ottenere la modifica di norme, ritenute penalizzanti per i lavoratori, deducendo, in particolare, l’assenza di prove statistiche che possano confermare che ad un aumento della precarietà corrisponda un aumento dell’occupazione, anche perché, facilitando il ricorso al lavoro a tempo determinato, si perverrebbe ad un’assoluta discrezionalità dei licenziamenti.

Valerio Pollastrini


(1)   - che ha convertito  con modifiche il D.L. n.34/2014;

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