Nella
premessa, gli ermellini hanno ricordato come attraverso il contratto part-time si costituisca un normale rapporto di
lavoro, caratterizzato esclusivamente da una riduzione dell'orario rispetto a quello ordinario.
Per
questa fattispecie contrattuale, la normativa di riferimento (1) dispone l’obbligo
di individuare una puntuale indicazione
della durata della prestazione lavorativa e della ripartizione temporale
dell'orario, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.
Il
lavoratore, in sostanza, deve conoscere preventivamente il periodo di
svolgimento della sua prestazione.
La
Suprema Corte ha quindi osservato che, ove tale condizione sia soddisfatta, il
contratto di lavoro a tempo parziale risulta del tutto compatibile con un'organizzazione del lavoro
articolata su turni predefiniti, purché ciò abbia carattere convenzionale,
sottraendosi ad ogni variazione unilaterale del datore di lavoro, anche nell'ipotesi
di clausole cosiddette elastiche (2).
Ricapitolando,
qualora il contratto di lavoro part-time preveda una precisa e predeterminata
articolazione della prestazione su turni, garantendo al lavoratore l’esatta
conoscenza del tempo del suo impegno lavorativo, il rapporto deve ritenersi
validamente stipulato, rimanendo escluso il potere del datore di lavoro di
variare l'orario lavorativo a suo arbitrio, senza alcuna preventiva concertazione.
A
detta della Cassazione, questa particolare regolamentazione del contratto di
lavoro non è incompatibile con il regime
delle assunzioni obbligatorie e, parimenti, nelle norme che disciplinano i
contratti di lavoro a tempo parziale (3), non vi sono disposizioni limitative per quanto riguarda i
soggetti disabili.
Il
sistema del collocamento obbligatorio, infatti, lascia all’autonomia delle
parti la determinazione concreta di molteplici ed essenziali elementi contratto
di lavoro, quali, ad esempio, la qualifica, le mansioni, la retribuzione ed
il patto di prova, e, pertanto, in
mancanza di disposizioni contrarie, appare certamente lecito l’inserimento di
una siffatta clausola nella richiesta di avviamento del disabile.
Si
tratta di un’opzione che, tra l’altro, appare conforme all’esigenza di
stimolare una maggiore diffusione della collocazione
nel mercato del lavoro dei disabili, efficacemente tutelati dall'obbligo imposto al datore di lavoro di
non richiedere agli stessi prestazioni non compatibili con le patite
minorazioni (4).
In
base alle richiamate considerazioni, la Cassazione ha concluso che, per
rispondere ai questi avanzati, occorre verificare se, nel caso specifico, la
richiesta di avviamento inoltrata dall’impresa agli uffici competenti contenga
una chiara predeterminazione dell'orario di lavoro e dei turni su cui deve
articolarsi la prestazione lavorativa, in modo da assicurare un assetto
contrattuale certo, inerente alla sua collocazione temporale.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Art.2, comma 2, del D.Lgs. n.61 del 25 febbraio
2000;
(2)
–
Di cui all’art.3 del D.Lgs. n.61/2000;
(3) – Art.3 del D.Lgs. n.61/2000;
(4)
-
Art.10 della Legge n.68/1999;
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