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martedì 5 agosto 2014

Disabile part-time adibito in turni di lavoro

Nella sentenza n.17009 del 25 luglio 2014, la  Corte di Cassazione è stata sollecitata a chiarire se il disabile con contratto part-time,  nell’ambito del suo ridotto orario settimanale, possa essere adibito in turni di lavoro e se, in caso affermativo, occorra il  necessario  consenso del dipendente.

Nella premessa, gli ermellini hanno ricordato come attraverso il contratto  part-time si costituisca un normale rapporto di lavoro, caratterizzato esclusivamente da una riduzione dell'orario  rispetto a quello ordinario.

Per questa fattispecie contrattuale, la normativa di riferimento (1) dispone l’obbligo di individuare  una puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della ripartizione temporale dell'orario, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno.

Il lavoratore, in sostanza, deve conoscere preventivamente il periodo di svolgimento della sua prestazione.

La Suprema Corte ha quindi osservato che, ove tale condizione sia soddisfatta, il contratto di lavoro a tempo parziale risulta del tutto  compatibile con un'organizzazione del lavoro articolata su turni predefiniti, purché ciò abbia carattere convenzionale, sottraendosi ad ogni variazione unilaterale del datore di lavoro, anche nell'ipotesi di clausole cosiddette elastiche  (2).

Ricapitolando, qualora il contratto di lavoro part-time preveda una precisa e predeterminata articolazione della prestazione su turni, garantendo al lavoratore l’esatta conoscenza del tempo del suo impegno lavorativo, il rapporto deve ritenersi validamente stipulato, rimanendo escluso il potere del datore di lavoro di variare l'orario lavorativo a suo arbitrio, senza alcuna preventiva concertazione.

A detta della Cassazione, questa particolare regolamentazione del contratto di lavoro non è incompatibile con il regime delle assunzioni obbligatorie e, parimenti, nelle norme che disciplinano i contratti di lavoro a tempo parziale (3), non vi sono  disposizioni limitative per quanto riguarda i soggetti disabili.

Il sistema del collocamento obbligatorio, infatti, lascia all’autonomia delle parti la determinazione concreta di molteplici ed essenziali elementi contratto di lavoro, quali, ad esempio, la qualifica, le mansioni, la retribuzione ed il  patto di prova, e, pertanto, in mancanza di disposizioni contrarie, appare certamente lecito l’inserimento di una siffatta clausola nella richiesta di avviamento del disabile.

Si tratta di un’opzione che, tra l’altro, appare conforme all’esigenza di stimolare una maggiore diffusione della  collocazione   nel mercato del lavoro dei  disabili, efficacemente tutelati  dall'obbligo imposto al datore di lavoro di non richiedere agli stessi prestazioni non compatibili con le patite minorazioni (4).

In base alle richiamate considerazioni, la Cassazione ha concluso che, per rispondere ai questi avanzati, occorre verificare se, nel caso specifico, la richiesta di avviamento inoltrata dall’impresa agli uffici competenti contenga una chiara predeterminazione dell'orario di lavoro e dei turni su cui deve articolarsi la prestazione lavorativa, in modo da assicurare un assetto contrattuale certo, inerente alla sua collocazione temporale.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - Art.2, comma 2, del  D.Lgs. n.61 del 25 febbraio 2000;
(2)   – Di cui all’art.3 del D.Lgs. n.61/2000;
(3)   – Art.3 del D.Lgs. n.61/2000;
(4)   - Art.10 della Legge n.68/1999;

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