Dall’analisi
emerge che nel corso del 2013 è cresciuta in Italia l’occupazione dei
lavoratori stranieri, con un incremento rispetto all’anno precedente di 22mila
unità, tuttavia, resta alta la preoccupazione per il sommerso e per la generale
stagnazione del mercato occupazionale, che non ha risparmiato la forza lavoro immigrata.
In
totale, sono stati 2.355.923 gli stranieri che nell'ultimo anno hanno trovato
un impiego nel nostro Paese.
Se
dal 2007 al 2013 l'occupazione degli
italiani ha registrato un calo di 1,6 milioni di unità, quella degli stranieri,
invece, è aumentata di 853mila unità, raggiungendo un'incidenza del 10,5% sul
totale degli occupati.
Sempre
a proposito del 2013, l’andamento occupazionale degli stranieri risulta in
controtendenza rispetto a quello che interessa gli italiani, nel quale, al
contrario, si è registrata una flessione
di 500 mila unità.
Nel
nostro Paese, dunque, il tasso di occupazione straniera rimane più alto rispetto
a quello della popolazione autoctona con il 58,1% a fronte del 55%, mentre in
altre nazioni dell’Unione Europea, come Francia, Regno Unito o Germania, accade
esattamente il contrario.
Con
il 19,7%, il settore delle costruzioni è quello che impiega di più i lavoratori
stranieri. Al secondo posto l’agricoltura, che ha registrato la percentuale del
13,6%.
Il
lavoro immigrato, inoltre, è apprezzato in modo crescente nei servizi di cura,
con l’80% rispetto al totale degli impiegati. In questo
ambito, la componente femminile assume una particolare incidenza, specie nelle
mansioni di badante e di assistente alla persona, settore nel quale, su base
annua, l'occupazione degli stranieri è
stata pari al 43,8%.
Ad
essere inquadrato è soprattutto il lavoro manuale non qualificato.
A
parità di un elevato livello di istruzione , corrispondente al possesso di
laurea e post lauream, la quota di
lavoratori stranieri impiegati con mansioni di basso livello è pari al 22,6%
del totale, a fronte dello 0,4% degli italiani.
Nel
commentare i dati appena richiamati, il sottosegretario al lavoro, Franca
Biondelli, ha espresso la preoccupazione per la crescita esponenziale
registrata negli ultimi anni dal lavoro sommerso, settore nel quale non rientrano
solo i clandestini in arrivo da un altro Paese, ma anche persone immigrate da
tempo e con famiglia, che spesso hanno perso il lavoro e, pur di rimanere in
Italia, accettano di svolgere prestazioni
in nero.
Per
tale ragione, il sottosegretario ha ribadito l’importanza di una mappatura del
sommerso e la necessità di promuovere
politiche attive di inserimento, formazione e qualificazione.
Per
quanto riguarda l'impatto della crisi
economica sulle fasce di età inferiori ai 30 anni, dal 2007 al 2013 l'occupazione
degli under 30 italiani è calata drasticamente di 1,162 milioni di unità, a fronte di una crescita dei giovani stranieri
di circa 63mila ragazzi.
Il
rapporto evidenzia che la necessità di reperire personale per lo svolgimento di
mansioni in settori tradizionalmente connotati da andamenti asimmetrici
rispetto al ciclo economico garantisce una più ampia appetibilità della forza
lavoro immigrata e dunque, in caso di perdita dell'occupazione, maggiore rapidità
nel rientrare nel mercato.
Da
segnalare, inoltre, che ammontano a 385.179 gli immigrati con età tra i 15 ed i
29 anni inclusi tra le persone inattive e al di fuori dei sistemi formativi, il
66% dei quali è rappresentato dalle donne.
In
molti casi si tratta di giovani arrivati nel nostro Paese in seguito a ricongiungimenti
familiari. Come detto, il fenomeno riguarda soprattutto le ragazze, anche a causa della componente culturale che
impone alle donne di restare a casa e agli uomini lavorare.
Si
tratta di un aspetto questo che, inevitabilmente, dovrà essere affrontato, soprattutto
a beneficio delle seconde generazioni.
In
aumento, infine, la popolazione straniera inattiva, che nel 2013 ha raggiunto
quota 1.275.343, con un aumento su base annua di 77 mila unità.
Tale
aumento ha interessato principalmente la
componente extra Ue, con un incremento di 52 mila unità, dovuta al fenomeno dei
ricongiungimenti familiari, all' aumento del numero degli stranieri di seconda
generazione e alle quote di ingresso non programmate di popolazione straniera
non comunitaria, come, ad esempio, i richiedenti protezione internazionale.
Valerio
Pollastrini
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