Nel
caso di specie, il dipendente aveva impugnato il licenziamento deducendo la
nullità del patto di prova contenuto nel suo contratto di assunzione, in quanto
privo della specifica indicazione delle mansioni, nonché per divergenza tra le
mansioni di responsabile dell’ufficio tecnico e quelle di addetto all’ufficio tecnico
concretamente svolte nel corso del rapporto di lavoro.
La
Corte di Appello di Genova, riformando la sentenza del Tribunale, aveva però
ritenuto legittimo il recesso, osservando che, ai fini della corretta indicazione delle
mansioni da svolgere, sia sufficiente il
semplice riferimento alla previsione
delle declaratorie contrattuali, purché attraverso di essa il lavoratore
risulti in grado di conoscere le funzioni da svolgere e che il periodo di prova
decorra effettivamente nella concreta esecuzione delle stesse.
Nella
lettera di assunzione, il lavoratore era stato inquadrato con la qualifica di
Quadro Cat.7Q del C.C.N.L. Industria Metalmeccanica Privata ed Installazione di
Impianti, il cui art.4 ne definisce le mansioni di Responsabile Ufficio Tecnico.
Secondo
il Giudice dell’appello, il riferimento alla descrizione della suddetta
mansione previste nel C.C.N.L. ne consentiva una sufficiente determinazione,
tale da permettere al lavoratore di conoscere il suo campo di azione e, quindi,
l’oggetto della prova.
La
Corte del merito, inoltre, aveva escluso la supposta divergenza delle mansioni
svolte di fatto rispetto a quelle contrattualmente prefissate, in quanto nella
lettera con la quale il ricorrente aveva contestato la valutazione negativa
dell’attività svolta, nel riepilogare i
compiti assolti per il raggiungimento degli obiettivi preposti, aveva indicato
funzioni rientranti appieno in quelle
del responsabile dell’ufficio tecnico.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha premesso che “il patto di prova apposto al contratto di lavoro, oltre a dover
risultare da atto scritto, deve contenere la specifica indicazione delle
mansioni che ne costituiscono l’oggetto, che, tuttavia, specie quando trattasi
di lavoro intellettuale e non meramente esecutivo, non debbono necessariamente
essere indicate in dettaglio, essendo sufficiente che, in base alla formula
adoperata nel documento contrattuale, siano determinabili” (1).
La
Suprema Corte ha poi ribadito che, ai fini della validità del patto di prova,
la specifica indicazione delle mansioni
che ne costituiscono l'oggetto può essere operata anche per relationem alle
declaratorie del contratto collettivo che definiscano le mansioni comprese
nella qualifica di assunzione e sempre che il richiamo sia sufficientemente
specifico (2).
Tanto
premesso, gli ermellini hanno sottolineato che, nel ritenere sufficientemente
determinata la descrizione delle mansioni attraverso il riferimento alla
declaratoria del C.C.N.L. applicato, la Corte di Appello avesse correttamente
applicato i principi sopra menzionati e che, pertanto, il lavoratore fosse
pienamente in grado di conoscere il proprio campo di azione e, quindi,
l’oggetto della prova.
La
Cassazione, infine, ha negato ogni fondamento alla censura proposta dal
ricorrente in merito alla divergenza tra le mansioni contrattuali e quelle
svolte di fatto, confermando il valore probante della lettera con la quale lo
stesso aveva contestato la valutazione negativa del proprio operato elencando,
tra i compiti assolti, quelli rientranti nella funzione attribuitagli all’atto
dell’assunzione.
Per
tutte le richiamate motivazioni, la Cassazione ha rigettato il ricorso e, nel
confermare la legittimità del licenziamento, ha condannato il lavoratore al
pagamento delle spese del processo di legittimità, liquidate in 4.000,00 € per
compensi professionali, 100,00 € per esborsi, oltre accessori come per legge.
Valerio
Pollastrini
1)
-
Cass., Sentenza n.1957 del 27 gennaio 2011;
2)
-
Cass., Sentenza n.11722 del 20 maggio 2009;
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