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martedì 5 agosto 2014

Requisiti del patto di prova

Nella sentenza n.17591 del 4 agosto 2014, la Corte di Cassazione ha riepilogato i requisiti richiesti per la validità del patto di prova, con particolare riguardo alla definizione contrattuale delle mansioni assegnate al lavoratore.

Nel caso di specie, il dipendente aveva impugnato il licenziamento deducendo la nullità del patto di prova contenuto nel suo contratto di assunzione, in quanto privo della specifica indicazione delle mansioni, nonché per divergenza tra le mansioni di responsabile dell’ufficio tecnico  e quelle di addetto all’ufficio tecnico concretamente svolte nel corso del rapporto di lavoro.

La Corte di Appello di Genova, riformando la sentenza del Tribunale, aveva però ritenuto legittimo il recesso, osservando che,  ai fini della corretta indicazione delle mansioni da svolgere, sia sufficiente  il semplice  riferimento alla previsione delle declaratorie contrattuali, purché attraverso di essa il lavoratore risulti in grado di conoscere le funzioni da svolgere e che il periodo di prova decorra effettivamente nella concreta esecuzione delle stesse.

Nella lettera di assunzione, il lavoratore era stato inquadrato con la qualifica di Quadro Cat.7Q del C.C.N.L. Industria Metalmeccanica Privata ed Installazione di Impianti, il cui art.4 ne definisce le mansioni di Responsabile Ufficio Tecnico.

Secondo il Giudice dell’appello, il riferimento alla descrizione della suddetta mansione previste nel C.C.N.L. ne consentiva una sufficiente determinazione, tale da permettere al lavoratore di conoscere il suo campo di azione e, quindi, l’oggetto della prova.

La Corte del merito, inoltre, aveva escluso la supposta divergenza delle mansioni svolte di fatto rispetto a quelle contrattualmente prefissate, in quanto nella lettera con la quale il ricorrente aveva contestato la valutazione negativa dell’attività svolta,  nel riepilogare i compiti assolti per il raggiungimento degli obiettivi preposti, aveva indicato funzioni  rientranti appieno in quelle del responsabile dell’ufficio tecnico.

Investita della questione, la Suprema Corte ha premesso che “il patto di prova apposto al contratto di lavoro, oltre a dover risultare da atto scritto, deve contenere la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto, che, tuttavia, specie quando trattasi di lavoro intellettuale e non meramente esecutivo, non debbono necessariamente essere indicate in dettaglio, essendo sufficiente che, in base alla formula adoperata nel documento contrattuale, siano determinabili(1).

La Suprema Corte ha poi ribadito che, ai fini della validità del patto di prova, la specifica indicazione  delle mansioni che ne costituiscono l'oggetto può essere operata anche per relationem  alle declaratorie del contratto collettivo che definiscano le mansioni comprese nella qualifica di assunzione e sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico (2).

Tanto premesso, gli ermellini hanno sottolineato che, nel ritenere sufficientemente determinata la descrizione delle mansioni attraverso il riferimento alla declaratoria del C.C.N.L. applicato, la Corte di Appello avesse correttamente applicato i principi sopra menzionati e che, pertanto, il lavoratore fosse pienamente in grado di conoscere il proprio campo di azione e, quindi, l’oggetto della prova.

La Cassazione, infine, ha negato ogni fondamento alla censura proposta dal ricorrente in merito alla divergenza tra le mansioni contrattuali e quelle svolte di fatto, confermando il valore probante della lettera con la quale lo stesso aveva contestato la valutazione negativa del proprio operato elencando, tra i compiti assolti, quelli rientranti nella funzione attribuitagli all’atto dell’assunzione.

Per tutte le richiamate motivazioni, la Cassazione ha rigettato il ricorso e, nel confermare la legittimità del licenziamento, ha condannato il lavoratore al pagamento delle spese del processo di legittimità, liquidate in 4.000,00 € per compensi professionali, 100,00 € per esborsi,  oltre accessori come per legge.

Valerio Pollastrini

 
1)      -  Cass., Sentenza n.1957 del  27 gennaio 2011;

2)      - Cass., Sentenza n.11722 del  20 maggio 2009;

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