Nel
caso in commento, un istituto bancario si era opposto contro l'iscrizione a
ruolo di somme corrispondenti a contributi previdenziali relativi ad un
lavoratore reintegrato in seguito ad illegittimo licenziamento, calcolati, per
tutto il periodo intercorrente tra il recesso e la data della intervenuta
conciliazione, sulla base della retribuzione globale di fatto.
Sia
il Tribunale che la Corte di Appello avevano però rigettato la domanda dell’azienda.
In
particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto che l'obbligazione contributiva fosse insensibile
all’accordo con il quale al lavoratore
era stata corrisposta, in via transattiva,
una somma comprensiva di un’integrazione del trattamento di fine
rapporto.
Dal
tenore letterale dell'accordo, infatti, appariva chiaramente che la somma
suddetta fosse stata corrisposta al dipendente in relazione al ripristinato
rapporto di lavoro e quale corrispettivo
della rinuncia ad esso.
Conseguentemente,
per il giudice dell’appello l’obbligo contributivo nei confronti dell’Inps
rimaneva inalterato.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha confermato quanto disposto nelle pronunce
del merito, ricordando, in particolare, come l’art. 12 della Legge n.153/1969
includa nella retribuzione imponibile ai fini contributivi "tutto ciò che
il lavoratore riceve dal datore di lavoro...".
In
sostanza, l'obbligo contributivo del
datore di lavoro verso l’Istituto Previdenziale sussiste indipendentemente dal
fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del dipendente siano stati in
tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi
diritti .
La
Cassazione ha poi chiarito che, nel caso in cui il licenziamento sia stato dichiarato
illegittimo ai sensi dell'art.18 della legge n.300/1970, il rapporto di lavoro
prosegue, anche in assenza di effettive prestazioni, fino al momento della
reintegra del dipendente licenziato, ovvero fino alla transazione che abbia
posto fine al contratto, eventualmente intervenuta
dopo la sentenza di reintegra.
Per
quanto riguarda quest’ultima ipotesi, il datore di lavoro resta dunque obbligato a pagare i contributi previdenziali
sulla somma corrispondente alla misura della retribuzione dovuta in base al
contratto di lavoro e non sul minore importo quantificato in sede transattiva.
Per
tali ragioni, la Suprema Corte ha concluso con il rigetto del ricorso.
Valerio
Pollastrini
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