In
questa pronuncia, infatti, la Suprema Corte ha chiarito come, in caso
contrario, risulterebbero ingiustamente danneggiati quei datori di lavoro che,
invece, assumono manodopera straniera nel pieno rispetto delle norme sull'immigrazione.
Nel
caso di specie, la Cassazione ha
confermato la multa di circa 88 mila euro irrogata ad un imprenditore che si era avvalso delle prestazioni di lavoratori
extracomunitari privi di documenti, senza versare nulla all'Istituto
Previdenziale.
Oltre
a ribadire la sussistenza dell’obbligazione nei confronti dell’Inps, la
pronuncia in commento ha sottolineato come la
contribuzione dovesse essere liquidata in base alle retribuzioni previste dai
contratti collettivi vigenti.
Il
datore di lavoro si era difeso sostenendo che proprio il reato ascrittogli impedisse
l'emersione degli effetti propri di un contratto lecito, con la conseguenza che,
a suo dire, l'Inps non avrebbe potuto chiedere il pagamento dei contributi
evasi.
Gli
ermellini hanno sconfessato detta censura, osservando che, in tema di
prestazioni lavorative rese dal cittadino extracomunitario privo del permesso
di soggiorno, l'illegittimità del contratto per la violazione di norme
imperative poste a tutela del prestatore di lavoro non esclude l'obbligazione
retributiva e contributiva a carico del datore di lavoro, a patto, ovviamente,
che la prestazione lavorativa ad oggetto sia lecita.
Diversamente,
infatti, verrebbero conseguentemente alterate le regole del mercato e della concorrenza,
consentendo a chi viola la legge sull'immigrazione di fruire condizioni più vantaggiose rispetto a quelle a
cui è soggetto il datore di lavoro che rispetti la disciplina in tema di
immigrazione.
Valerio
Pollastrini
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