Il
caso di specie riguarda la formazione impartita ad un gruppo di docenti al di fuori dell’orario di servizio e senza
retribuzione aggiuntiva.
Sulla
base dei pareri espressi dai funzionari dell’Ufficio Scolastico Provinciale, il
dirigente dell’istituto aveva sostenuto che le attività di formazione
rientrassero negli obblighi di servizio, in quanto funzionali all’insegnamento,
e per le quali la contrattazione collettiva, al pari delle attività di
preparazione delle lezioni, correzione dei compiti ed i rapporti individuali
con le famiglie, non prevede un orario definito.
Fallito
il tentativo di conciliazione promosso dai dipendenti presso l’Ufficio Provinciale
del Lavoro, gli stessi avevano adito il Tribunale di Verona che, nell’accoglierne
il ricorso, aveva premesso che la formazione prevista dall’art.29, nonché dagli
artt.63 e seguenti, del CCNL di riferimento, costituisca l’insieme delle
attività dirette ad arricchire il patrimonio culturale e professionale del
docente.
Più
che un obbligo a carico dell’insegnante, a detta del Tribunale, il caso in questione
verte su un vero e proprio diritto alla
formazione in capo ai docenti, con conseguente onere dell’amministrazione di
fornire strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in
servizio.
Il
giudice del primo grado ha quindi sottolineato che, non rientrando nell’insieme
delle attività funzionali allo sviluppo del patrimonio culturale
dell’insegnante, la formazione dei lavoratori in materia di sicurezza è diretta
a prevenire i rischi di infortunio o malattia correlati all’ambiente di lavoro.
Si
tratta di una formazione che non è disciplinata dal CCNL ma dalla legge e trova
la sua fonte direttamente nell'art.22
del D.Lgs 626/94, in base al quale il
datore di lavoro pubblico è tenuto a svolgere la formazione dei dipendenti in
materia di sicurezza durante l'orario di lavoro.
Dopo
aver rilevato che nel caso di specie l'attività formativa si era svolta in ore
di lavoro aggiuntivo rispetto a quello contrattualmente previsto, il Tribunale
aveva condannato l’istituto a retribuire le ore eccedenti prestate dai lavoratori
come attività ulteriori non di insegnamento.
Investita
della questione dal ricorso promosso dall’Amministrazione, la Corte di Appello
di Venezia ha confermato la sentenza di primo grado.
Valerio
Pollastrini
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