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venerdì 4 luglio 2014

Quando il dipendente deve restituire il risarcimento del danno da licenziamento illegittimo

Alla luce delle modifiche recentemente apportate all’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, nell’Ordinanza n.15251 del 3 luglio 2014, la Cassazione è intervenuta sulle conseguenze scaturite, sul piano risarcitorio, dalla difformità di giudizio tra primo e secondo grado, avente ad oggetto la valutazione della legittimità del licenziamento.

In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che se la Corte di Appello, contrariamente a quanto precedentemente disposto dal Tribunale, abbia ritenuto legittimo il recesso, il dipendente dovrà prontamente restituire al datore di lavoro la relativa indennità risarcitoria, senza che a tal fine si debbano attendere i termini per il passaggio in giudicato della nuova sentenza.

Nel caso di specie, con ordinanza cautelare il Tribunale aveva condannato l’azienda a corrispondere al dipendente licenziato illegittimamente la relativa indennità risarcitoria.

Successivamente, la Corte di Appello aveva però ritenuto legittimo il recesso ed aveva imposto al dipendente la pronta restituzione al datore di lavoro delle somme percepite in virtù della pronuncia del giudice di prime cure.

Investita della questione, la Cassazione ha ricordato come,  in merito alle conseguenze del licenziamento illegittimo, il nuovo testo dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori ,  ai fini dell’obbligo risarcitorio,  abbia unificato il periodo precedente alla sentenza con quello successivo alla stessa.

Di conseguenza,  qualora venisse accertata la legittimità del recesso, sono ripetibili anche le somme percepite a titolo risarcitorio per effetto di un precedente  provvedimento  di reintegra emesso ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ..

In virtù della nuova formulazione  dell'art.336, secondo comma, cod.proc.civ., pertanto, dal momento stesso in cui la sentenza sia stata riformata il dipendente risulta obbligato a restituire al datore di lavoro le somme ricevute per effetto della prima pronuncia, senza che a tal fine sia più necessario il passaggio in giudicato della seconda.

Valerio Pollastrini

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