Nel
caso di specie, i due gradi di giudizio del merito avevano ripartito la quota
della pensione tra la richiedente e la donna sposata in seconde nozze dal defunto.
Ad
adire la Cassazione era stata la seconda moglie, che aveva contestato alla
Corte di Appello di aver valutato la
situazione concreta senza tenere in considerazione gli anni trascorsi nell’attesa
della conclusione del giudizio di divorzio dalla
prima moglie.
La
ricorrente denunciava inoltre che le
condizioni economiche di quest'ultima fossero migliori delle proprie.
La
donna deduceva infine il principio secondo il quale, in caso di concorso tra
coniuge divorziato e coniuge superstite, la ripartizione del trattamento di
reversibilità deve essere effettuata, oltre che sulla durata del rapporto matrimoniale, anche
attraverso la ponderazione di ulteriori
elementi di valutazione, in modo così da evitare che anche il secondo coniuge,
oltre che il primo, sia privato di quanto necessario per la conservazione del precedente
tenore di vita.
Sempre
a detta della ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe neppure considerato
il periodo di convivenza prematrimoniale, nonché la circostanza che la sua quota
della pensione di reversibilità aveva
subito una decurtazione da parte dell'Inps in considerazione del reddito posseduto.
Nel
considerare infondate tali censure, la Suprema Corte ha ricordato che, in relazione al criterio temporale della
durata formale del rapporto matrimoniale ai fini della ripartizione del
trattamento di reversibilità fra ex coniuge titolare di assegno divorzile e
coniuge superstite, l'art. 9 della legge n.898/1970 è stato interpretato dalla giurisprudenza di
legittimità (1) nel senso che il giudice del merito ha la
possibilità di applicare correttivi di tipo equitativo, tra i quali la durata
della convivenza prematrimoniale e le condizioni economiche delle parti
interessate, allo scopo di evitare che il primo coniuge sia privato dei mezzi
indispensabili per il mantenimento del tenore di vita cui risultava preposto l'assegno di mantenimento ed il secondo sia
privato dei mezzi necessari per la conservazione del tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita (2).
La
Cassazione ha proseguito ribadendo che la
ponderazione in concreto dei diversi parametri rientra nel prudente
apprezzamento del giudice del merito, fermo restando il divieto di giungere,
attraverso la correzione del criterio temporale, sino al punto di abbandonare
totalmente ogni riferimento alla durata dei rispettivi rapporti matrimoniali (3).
Secondo
gli ermellini, la sentenza impugnata aveva tenuto in debito conto i suddetti
principi, allorché aveva ritenuto che
una ripartizione più favorevole alla
seconda moglie avrebbe pregiudicato la funzione di sostegno economico cui era
preordinato l'assegno divorzile a favore della prima moglie.
Questa
valutazione, inoltre, è riservata esclusivamente al giudice del merito e non può essere censurata
dalla Cassazione attraverso una
inammissibile richiesta di revisione del giudizio di fatto relativo alle
condizioni economiche della prima moglie, ovvero di perequazione economica tra
le posizioni degli aventi diritto per il tramite del meccanismo divisionale
previsto dalla legge (4).
In
base alle richiamate ragioni, la Suprema Corte ha concluso con il rigetto del ricorso.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Cass., Sentenze n.16093 e 10391 del 2012; Cass., Sentenza n.5060/2006; Cass., Sentenza n.28478/2005; Cass., Sentenza n.6272/2004;
(2)
–
Interpretazione conforme con la Sentenza della
Corte Costituzionale n.419/1999;
(3)
-
Cass., Sentenza n.2092/2007;
(4)
-
Cass., Sentenza n.16093/2012;
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