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domenica 13 luglio 2014

Professionista non iscritto all’albo – Restituzione parziale dell’onorario

Il caso in commento  è quello di un datore di lavoro che aveva citato in giudizio una professionista alla quale aveva demandato  la tenuta della contabilità aziendale e l'espletamento di alcune operazioni di natura economica.

Avendo scoperto che la professionista fosse priva dell’abilitazione,  l’imprenditore aveva adito le vie legali  per la restituzione dell’onorario versatole.

Dopo aver accertato che la contabile aveva svolto l’attività di tributarista senza possedere l’idoneo titolo professionale, il Tribunale   aveva condannato la donna a restituire al cliente l’intero compenso percepito, con l’aggiunta degli interessi.

Successivamente, la Corte di Appello aveva però riformato parzialmente la pronuncia di primo grado, riducendo l’importo soggetto a restituzione e chiarendo che, nello specifico,  sarebbe stato  necessario operare una   distinzione tra quali, delle attività svolte dalla contabile,  fossero  generiche e quali, invece, fossero qualificabili come professionali, risultando non dovuto solamente l’onorario richiesto per quest’ultime.

Nella sentenza n.13043 del 10 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha premesso  come l’azione di indebito arricchimento (1) sia  esperibile ogniqualvolta  risulti che un pagamento effettuato non doveva essere eseguito. 

In tal caso, colui che ha provveduto al pagamento, può chiederne la restituzione.

In particolare, la Suprema Corte ha  precisato che, in mancanza di una prova che consentisse l’esatta  individuazione delle attività per le quali era richiesta l'iscrizione ad un apposito albo professionale, il giudice di appello aveva eseguito un calcolo approssimativo e probabilistico, non essendo possibile presumere che tutto il lavoro svolto dalla donna fosse contrario alla legge.

Dopo aver accertato che le attività non protette erano state  prevalenti, oltre al fatto che l’onorario della contabile era stato quantificato in maniera forfettaria, la Cassazione ha ritenuto  equa la riduzione al 20%  delle somme  riconosciute al cliente  dal Tribunale di primo grado.

Si tratta, infatti, di una liquidazione rimessa al potere discrezionale del giudice di merito e, come tale, non può essere disconosciuta dalla Cassazione.

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha concluso rigettando il ricorso.

Valerio Pollastrini


(1)   – Prevista dall’art.2033 del Codice Civile;

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