Avendo
scoperto che la professionista fosse priva dell’abilitazione, l’imprenditore aveva adito le vie legali per la restituzione dell’onorario versatole.
Dopo
aver accertato che la contabile aveva svolto l’attività di tributarista senza
possedere l’idoneo titolo professionale, il Tribunale aveva
condannato la donna a restituire al cliente l’intero compenso percepito, con l’aggiunta
degli interessi.
Successivamente,
la Corte di Appello aveva però riformato parzialmente la pronuncia di primo
grado, riducendo l’importo soggetto a restituzione e chiarendo che, nello
specifico, sarebbe stato necessario operare una distinzione
tra quali, delle attività svolte dalla contabile, fossero generiche e quali, invece, fossero
qualificabili come professionali, risultando non dovuto solamente l’onorario
richiesto per quest’ultime.
Nella
sentenza n.13043 del 10 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha premesso come l’azione di indebito arricchimento (1) sia esperibile ogniqualvolta risulti che un pagamento effettuato non doveva
essere eseguito.
In
tal caso, colui che ha provveduto al pagamento, può chiederne la restituzione.
In
particolare, la Suprema Corte ha
precisato che, in mancanza di una prova che consentisse l’esatta individuazione delle attività per le quali
era richiesta l'iscrizione ad un apposito albo professionale, il giudice di
appello aveva eseguito un calcolo approssimativo e probabilistico, non essendo
possibile presumere che tutto il lavoro svolto dalla donna fosse contrario alla
legge.
Dopo
aver accertato che le attività non protette erano state prevalenti, oltre al fatto che l’onorario
della contabile era stato quantificato in maniera forfettaria, la Cassazione ha
ritenuto equa la riduzione al 20% delle somme riconosciute al cliente dal Tribunale di primo grado.
Si
tratta, infatti, di una liquidazione rimessa al potere discrezionale del
giudice di merito e, come tale, non può essere disconosciuta dalla Cassazione.
Per
tali ragioni, la Suprema Corte ha concluso rigettando il ricorso.
Valerio
Pollastrini
(1)
–
Prevista dall’art.2033 del Codice Civile;
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