Dopo
aver ricordato che l’art.413, comma 4, cod. proc. civ. attribuisce la
competenza territoriale per queste controversie in relazione al domicilio del
lavoratore, la Suprema Corte ha chiarito che per domicilio debba intendersi il
luogo nel quale il collaboratore detenga il centro dei propri affari ed
interessi.
A
tal fine, oltre agli interessi economici
e materiali del lavoratore, si devono considerare anche quelli affettivi, spirituali e sociali.
Richiamando
una precedente pronuncia (1), la Suprema
Corte ha ribadito che, ai fini della competenza territoriale per le controversie
attinenti al lavoro parasubordinato, il domicilio, quale sede principale degli
affari ed interessi del collaboratore, si presume coincidente con la sua residenza.
Su
questo punto, sempre la stessa Corte di legittimità aveva avuto modo di
precisare che il domicilio va desunto alla stregua di tutti quegli elementi di
fatto che, direttamente o indirettamente, denuncino la presenza in un certo
luogo di tale complesso di rapporti ed il carattere principale che lo stesso
riveste nella vita della persona (2).
La
sentenza in commento, di fatto, archivia definitivamente l’orientamento in base
al quale, per le questioni attinenti ai rapporti in commento, il foro
esclusivo doveva essere identificato con riferimento al domicilio in cui si
svolge l’attività del lavoratore (3).
Nel
caso in cui tali rapporti siano cessati,
il criterio del domicilio del lavoratore parasubordinato permane con riferimento
all'ultimo domicilio che egli aveva durante il rapporto (4).
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Cass., Sentenza n.403/2012;
(2)
-
Cass., Sentenza n.2936/1980;
(3)
-
Cass., Sentenza n.458/1998; Cass., Sentenza n.4580/1998; Cass., Sentenza n.5362/1999;
(4)
–
Cass., Sentenza n.10580/1993; Cass., Sentenza n.4581/1994; Cass., Sentenza n.4580/1998;
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