Nel
caso di specie, il dipendente era stato licenziato senza preavviso perché, dalle
risultanze delle indagini svolte dagli investigatori incaricati dalla ditta,
era emerso che in uno dei tre giorni richiesti per i permessi previsti dalla
Legge n.104/1992 non si era recato presso l’abitazione del parente assistito.
In
tale giorno, infatti, gli investigatori avevano dichiarato di non aver visto
uscire il lavoratore dalla propria abitazione, né di averlo visto entrare in
quella dell’assistito.
Nella
pronuncia in commento, il Tribunale ha
respinto il ricorso dell’azienda contro l’ordinanza emessa nel 2013, con la quale il Giudice del lavoro aveva ritenuto illegittimo
il licenziamento disciplinare ed aveva condannato la società al reintegro del lavoratore ed al pagamento di
una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dall’ultima retribuzione globale
di fatto.
Durante
il procedimento era stato accertato che il dipendente avesse effettivamente destinato il permesso richiesto, seppure per un periodo
di tempo limitato, all’assistenza del disabile.
A
detta del Tribunale, ai fini della
legittimità del recesso, il datore di
lavoro avrebbe dovuto dimostrare in
giudizio che il dipendente non avesse
prestato assistenza al familiare in stato di bisogno durante il periodo in cui
si era trovato nella casa del disabile.
In
assenza di siffatta prova, pertanto, risultano insussistenti i fatti che l’azienda
aveva ritenuto configuranti la giusta causa del licenziamento.
Nella
sentenza è stato precisato che l’assistenza al familiare disabile, che
legittima la fruizione dei permessi della 104, non richiede un intervento permanente, continuativo e globale, tanto più se
il lavoratore abbia provato di aver comunque
prestato assistenza al soggetto in stato di bisogno, evitando, altresì di dedicarsi ad altre occupazioni.
Nella
vicenda in commento, dunque, l’effettiva assistenza al disabile per alcune ore
nelle giornate di permesso, la mancanza di diverse occupazioni con essa
incompatibili, l’accertata volontà dell’assistito che lo avrebbe congedato poco
dopo il suo arrivo, nonché l’assenza di precedenti disciplinari a carico del
lavoratore, avevano indotto il giudicante a concludere per la non
proporzionalità della sanzione disciplinare del licenziamento rispetto ai fatti contestati.
Pertanto,
il recesso doveva considerarsi
illegittimo, con le conseguenze risarcitorie previste dall’art.18 dello Statuto dei
lavoratori.
Valerio
Pollastrini
Nessun commento:
Posta un commento