Il
primo comma dell’art.7 dello Statuto dei lavoratori dispone che le norme disciplinari relative alle sanzioni,
alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata
ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a
conoscenza dei dipendenti mediante affissione in luogo accessibile a tutti.
Nel
caso di specie, un lavoratore, licenziato per giusta causa dall’Azienda
Ospedaliera-Universitaria degli Ospedali Riuniti, aveva impugnato recesso in
quanto irrogatogli in assenza del codice disciplinare aziendale.
In
particolare, al dipendente erano state contestate, rispettivamente, le violente
invettive pronunciate contro un collega, la mancata partecipazione alle visite collegiali della squadra di lavoro
e la diffusione di informazioni
scorrette ed offensive circa l’esecuzione di un intervento chirurgico da parte
di un collega.
Confermando
la sentenza del Tribunale di primo grado, la Corte di Appello di Ancona aveva
respinto il ricorso.
Per
la Corte territoriale, i fatti
contestati avevano minato
irreparabilmente il vincolo fiduciario posto alla base del rapporto di lavoro
e, pertanto, si erano legittimamente tradotti in una giusta causa di licenziamento, senza che, a
tal fine, potesse assumere rilievo la mancata previa pubblicazione del codice disciplinare aziendale.
Investita
della questione, la Cassazione ha sottolineato
che la doglianza basata sulla prospettata necessità della pubblicità del codice
disciplinare risulta superata dalla considerazione che le violazioni imputate al ricorrente fossero ritenute
eticamente riprovevoli per la coscienza
sociale.
In
tema di sanzioni disciplinari, pertanto, il principio di tassatività degli
illeciti non può essere inteso nel senso rigoroso imposto nella materia degli
illeciti penali.
In
simili casi, dunque, è necessario distinguere gli illeciti relativi alla violazione di
prescrizioni strettamente attinenti all'organizzazione aziendale, per lo più
ignote alla collettività e quindi conoscibili solo se espressamente previste ed
inserite nel codice disciplinare, da quelli costituiti da comportamenti
manifestamente contrari agli interessi dell’impresa o dei lavoratori, per i
quali non è necessaria la specifica inclusione nel suddetto codice e che,
pertanto, possono legittimare il recesso
per giusta causa o giustificato motivo
soggettivo (1).
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Cass., Sentenza. n.18377 del 23 agosto 2006;
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