Chi siamo


MEDIA-LABOR Srl - News dal mondo del lavoro e dell'economia


giovedì 17 luglio 2014

Infortuni sul lavoro del personale marittimo

Nella sentenza n.111 del 29 giugno 2014, il Tribunale di Trieste ha affermato che, nell’ambito del particolare settore marittimo, qualora l’infortunio del dipendente imbarcato sia stato provocato dall’improvviso ed imprevedibile mutamento delle condizioni atmosferiche, al datore di lavoro non può essere ascritta la responsabilità dell’incidente.

Il caso di specie è quello di un nostromo che era rimasto vittima di un infortunio mentre era intento ad effettuare delle operazioni a bordo della bettolina.

Il natante, ormeggiato al porto di Capodistria per effettuare un'operazione di rifornimento della nave, era stato raggiunto da cattivo tempo con un graduale peggioramento dello stato del mare e del vento.

Mentre il lavoratore si trovava a prora della bettolina per effettuare un rinforzo degli ormeggi, un improvviso rollio e beccheggio aveva rotto  il passacavi di prua e quindi la bettolina, provocando la sua  violenta caduta a terra, con colpo particolarmente violento alla schiena.

In seguito a questo incidente, il dipendente aveva   convenuto in giudizio la datrice di lavoro per ottenere l'annullamento dei licenziamento ed il risarcimento del danno subito.

Il ricorrente aveva evidenziato   che l'infortunio, regolarmente indennizzato dall'INAIL, lo aveva costretto ad una lunga assenza dal lavoro, tanto che al superamento del periodo di comporto era stato licenziato.

Il dipendente aveva impugnato il recesso in ragione della responsabilità del datore di lavoro nell'infortunio, a causa del quale   era stato dichiarato inidoneo alla navigazione.

Ricordando che l’infortunio era stato provocato dalla rottura di una dotazione di bordo, il passacavi,  il ricorrente aveva rilevato  che il D.Lgs. n.271/99 imponeva precisi obblighi di sicurezza a carico dell'armatore ed, in particolare, disponeva l'obbligo di garantire l'efficienza e la sicurezza dell'ambiente di lavoro e quindi la regolare manutenzione tecnica di impianti, apparati dì bordo e dispositivi di sicurezza.

Si trattava, inoltre,  di un elemento introdotto dalla società in via successiva rispetto alla fabbricazione e, pertanto, a detta del dipendente,  il datore di lavoro avrebbe dovuto  dimostrare che fosse omologato dal Rina e, comunque, che avesse provveduto a sottoporlo a regolare verifica e manutenzione ed, in particolare, alle prove tecniche di saldatura di bordo.

Rilevando come, in seguito ai postumi dell’incidente, avesse perso  totalmente la capacità di lavoro specifica, il dipendente aveva sottolineato che la coperta di prua dell'unità fosse sprovvista di fondo antisdrucciolo e,  pertanto, il licenziamento intimatogli per superamento del periodo di comporto doveva considerarsi illegittimo, con  suo  conseguente    diritto alla reintegrazione ed al  risarcimento dei danni patrimoniali ed alla salute, provocati dalla condotta colpevole del datore di lavoro.

Nel  contestare integralmente le pretese del ricorrente, l’azienda aveva evidenziato che la bettolina in questione era un galleggiante privo di mezzi di propulsione, con certificato di classe valido alla data dell'infortunio, e che la stessa, oltre alle certificazioni di idoneità all'uso necessarie, fosse dotata di  tutti i Dispositivi di Protezione individuali previsti.

Il mezzo, inoltre, era dotato di armamento marinaresco e attrezzature superiori  al carico richiesto e, dunque, il cedimento del passacavi sarebbe dipeso dalla eccezionalità dell'evento meteo e non da una responsabilità della datrice di lavoro, così come pure la caduta del ricorrente.

Il datore di lavoro aveva poi ricordato che, alcuni giorni dopo l’incidente,il dipendente era rientrato in servizio ma,  in seguito,  aveva chiesto di essere sbarcato per riapertura di infortunio precedente ed era stato dichiarato clinicamente guarito dopo un ulteriore mese. Avendo però superato il periodo massimo di comporto, la società lo aveva licenziato.

L’azienda, infine, aveva negato la supposta violazione della normativa invocata dal ricorrente, deducendo che il passacavi non sarebbe né un impianto, né un apparato, né un dispositivo di sicurezza , né assumeva rilevanza l'omessa denuncia, che l’art.182 cod. nav impone soltanto a fronte di un sinistro navale.

Investito della questione, il Tribunale ha rigettato le domande del lavoratore, ritenendole infondate.

Nella premessa, il giudice ha ricordato che il ricorrente aveva lamentato la violazione, da parte datoriale,  dell’art.6 del D.Lgs  n.271/1999, in relazione agli obblighi gravanti sull’imprenditore di "garantire le condizioni di efficienza dell'ambiente di lavoro ed in particolare la regolare manutenzione tecnica degli impianti, apparati di bordo e dispositivi di .sicurezza" , considerato che, secondo quanto emerso dalla perizia di parte, a causa del sopravvenuto mal tempo e moto ondoso, il passacavi si era rotto, provocando un allentamento dell’ormeggio con movimento dell’imbarcazione  che avrebbe fatto cadere il lavoratore, intento a rinforzare degli ormeggi.

Per contro, il consulente di parte della società  aveva cercato di dimostrare che l'ambiente di lavoro fosse sicuro e conforme alla normativa, posto che tutto il personale, compreso   il ricorrente, era  dotato dei necessari Dispositivi di Protezione Individuali e  che la bettolina era  dotata delle certificazioni del Rina.

In merito  alla norma di cui all'art. 6 sopra richiamata, il Ctp di parte attrice aveva confermato come il passacavi in questione  fosse un accessorio e che, dunque,  non rientrasse  né nella nozione di apparato, né in quelle di impianto o dispositivo di sicurezza.

In particolare il Ctp di parte resistente aveva ritenuto che la rottura del passacavi in posizione più avanzata rispetto alla bitta fosse dipesa dall'eccezionalità della situazione atmosferica e non da un'inefficienza dell’accessorio.

Del resto la documentazione agli atti inerente alle condizioni del vento avevano dimostrato detta eccezionalità.

Ad avviso del consulente, sarebbero state proprio  queste condizioni complessive ad originare le sollecitazioni violente ed inusuali, con moti contrastanti anche degli altri mezzi galleggianti che si trovavano nelle vicinanze, che avrebbero fatto cadere in coperta il ricorrente mentre stava rinforzando gli ormeggi.

Entrando nel merito, il Tribunale ha rilevato, a proposito dello stato di sicurezza del luogo di lavoro, che tutti i testimoni escussi avevano confermato che la coperta fosse dotata di pitturazione atta ad impedire lo scivolamento,  anche  a contatto con la schiuma del mare.

In merito alla sicurezza ambientale ed alla circostanza che il passacavi in questione non rientrasse nella nozione tecnica di cui all'art 6 cit., il giudice ha ritenuto sufficiente considerare le prove documentali versate in atti dalla resistente, nonché  le prove orali assunte.

I testimoni, infatti, avevano  confermato l'assenza di pregressi incidenti ed il rispetto di tutti gli adempimenti di sicurezza, prescritti all'epoca in capo alla resistente.

In particolare, un teste aveva sottolineato che il ricorrente aveva precise responsabilità di verifica della situazione degli ormeggi, dei cavi ed anche degli accessori dell’imbarcazione ed aveva dichiarato, inoltre, che il lavoratore  non aveva segnalato la situazione di usura del passacavi, mentre, dalle altre testimonianze era emerso che l'eventuale difetto di saldatura poteva essere rilevato con un semplice controllo visivo.

Da ultimo, la Consulenza Tecnica disposta dal giudice ed incentrata sul passacavi, la cui rottura, ad avviso del ricorrente, avrebbe provocato la sua caduta sulla coperta della nave, aveva  chiarito definitivamente che si trattava di elemento non necessario, né previsto nel progetto costruttivo del mezzo,  correttamente ed efficacemente dotato di un sistema di bitte singole e doppie che ne consentivano l'ormeggio e lo svolgimento in sicurezza delle operazioni di rifornimento cui era destinato.

In particolare, il consulente aveva sottolineato come detto passacavi non fosse necessario per la   stabilità del natante ed era  stato installato dalla società soltanto per evitare che il cavo strisciasse sulla pavesata durante le operazioni di ormeggio, rischiando così di far inciampare il personale.

Dalla completa lettura degli atti, pertanto, non sussiste alcuna prova  che la caduta del ricorrente sia stata provocata da questo accessorio.

Il giudicante ha quindi precisato che entrambe le Ctu di parte avessero accertato che la rottura di questa maglia non fosse dipesa da un  difetto di costruzione o di saldatura, ma dall’improvviso mutamento atmosferico, che aveva provocato un moto ondoso anomalo e, soprattutto, un sistema di forze, estraneo alla normalità ed all’idoneità attestata del mezzo e dei suoi accessori.

In sostanza, l’incidente era stato causato da un evento imprevedibile che esulava dalla diligenza richiedibile alla datrice di lavoro (1).

Alla luce di quanto fin qui enunciato, il Tribunale ha escluso che l’incidente possa essere stato causato da una condotta colposa o dolosa del datore di lavoro, in quanto, in ragione della diligenza richiedibile e prevedibile, nel caso di specie erano state disposte tutte le misure di sicurezza, risultando la caduta del dipendente ascrivibile ad un evento imprevedibile ed accidentale quale il mal tempo che, a fronte anche della particolare posizione delle altre imbarcazioni, aveva amplificato i moti oscillatori tipici e usuali per chi svolgeva il mestiere del ricorrente, tanto da provocarne la caduta.

Valerio Pollastrini

(1)   - Cass., Sentenza  n.1312/2014;

Nessun commento:

Posta un commento