Nella
pronuncia in commento, infatti, la Suprema Corte ha ricordato che le diverse nozioni
di giusta causa e di giustificato motivo
soggettivo di licenziamento rappresentano delle mere qualificazioni giuridiche di comportamenti
che, in un caso o nell’altro, legittimano la cessazione del rapporto di lavoro.
Entrambe
le forme di recesso trovano origine in
una colpa del dipendente, la cui gravità può dar luogo al licenziamento per
giusta causa se idonea a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario tra
datore di lavoro e dipendente, circostanza che priva il lavoratore del diritto
al preavviso.
Nel
caso in cui la colpa risulti ugualmente idonea a legittimare il recesso, ma sia
meno grave di quella richiesta ai fini della giusta causa, il datore di lavoro
potrà interrompere il rapporto per giustificato motivo soggettivo, riconoscendo
al dipendente il preavviso contrattuale.
Nel
caso di specie, la Cassazione ha affermato che tra i poteri del giudice vi è quello di
convertire un licenziamento intimato per giusta causa in
un licenziamento per giustificato motivo soggettivo, attribuendo al fatto contestato
al lavoratore la minore gravità propria di quest'ultima fattispecie di recesso.
Valerio
Pollastrini
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