Nel
caso di specie, un imprenditore aveva impugnato la sentenza della Commissione
Tributaria Regionale che, riformando la pronuncia di primo grado, aveva
ritenuto legittima la cartella di pagamento emessa ai suoi danni per l’omesso
versamento di Irpef, Irap, addizionali ed interessi, relativi all’anno 1999.
Il
ricorrente aveva sostenuto che la predetta cartella fosse nulla, in quanto non
aveva sottoscritto la dichiarazione dei redditi posta a fondamento della
pretesa del Fisco.
La
dichiarazione, infatti, era stata presentata in via telematica dal commercialista, privo del relativo
specifico conferimento dell’incarico.
La
Commissione Tributaria Regionale, inoltre, aveva affermato che, nonostante il
consulente avesse ricevuto l’incarico della tenuta della contabilità, il
contribuente non aveva provato di aver conferito allo stesso l’onere di
provvedere all’invio telematico della dichiarazione.
Tale
circostanza aveva indotto il giudicante a ritenere che la dichiarazione, documento conclusivo del procedimento di
tenuta della contabilità, elaborazione del bilancio e delle altre prescritte
scritture contabili, fosse stato effettuato con il consenso del contribuente.
Contro
questa sentenza il contribuente aveva
adito la Cassazione, sostenendo che la trasmissione telematica della
dichiarazione dei redditi da parte
dell’intermediario non possa prescindere da uno specifico incarico rilasciato
dal cliente.
Secondo
il ricorrente, infatti, l’art.3 del
D.P.R. n.322/98 richiederebbe un
formale atto di incarico per la trasmissione in via telematica della dichiarazione
che deve essere necessariamente rinnovato ogni anno.
Investita
della questione la Suprema Corte ha ricordato che l’art.3, commi 3, 3-bis e
3-ter (1), applicabile ratione temporis, obbliga gli
intermediari abilitati a trasmettere le dichiarazioni, soltanto se
specificamente delegati.
La
Cassazione ha proseguito ribadendo come la rilevanza dei compiti svolti
dall'intermediario nei confronti del Fisco non possa escludere la natura
privatistica del rapporto tra
professionista e contribuente.
Il contribuente, infatti, è libero di non
conferire tale mandato, scegliendo di inoltrare direttamente la dichiarazione
dei redditi.
Sulla
base di questa premessa, il solo fatto che il contribuente avesse conferito al
commercialista l’incarico di tenuta della contabilità non può, di per se,
rivelarsi automaticamente produttivo dell’obbligo, da parte del professionista,
di presentare anche la dichiarazione, poiché, come detto, l’invio telematico
della stessa richiede uno specifico incarico.
In
sostanza, quello dell’invio telematico della dichiarazione dei redditi è un adempimento che non rientra tra quelli
inerenti agli ordinari incarichi del professionista preposto alla tenuta della
contabilità aziendale.
Tornando
alla questione in commento, dopo aver accertato che la dichiarazione dei redditi non fosse
stata sottoscritta dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto irrilevante l’accertamento della
sussistenza di specifico incarico conferito all’intermediario, affermando che
l’invio telematico della dichiarazione era stato effettuato con il consenso del
contribuente, trattandosi del documento
conclusivo del procedimento di tenuta della contabilità, elaborazione del
bilancio e delle altre prescritte scritture contabili, e, parimenti, aveva escluso la
pretesa nullità dell’atto, dal momento che il contribuente avrebbe concorso a cagionarlo.
A
questo proposito, però, la Cassazione ha sconfessato le suddette
considerazioni, sottolineandone il palese contrasto con quanto disposto dagli artt.1 e 3 del
D.P.R. n.322/98, ai sensi dei quali la dichiarazione dei redditi deve essere
sottoscritta, a pena di nullità, dal
contribuente o, in caso di trasmissione in via telematica, dall’intermediario incaricato.
Per
tale motivazione la Suprema Corte ha accolto il ricorso del contribuente.
Valerio
Pollastrini
(1)
–
abrogato dal 2012 dall’art.4, comma 35, della Legge n.183/2011;
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