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sabato 19 luglio 2014

Accertamento della legittima presenza in Italia del cittadino extracomunitario

Nella sentenza n.31620 del 17 luglio 2014, la Corte di Cassazione ha ricordato che dalla mancata  certezza della data in cui lo straniero, in possesso di valido passaporto, sia entrato in Italia,  non può presumersi  che siano scaduti i termini entro i quali lo stesso può legittimamente richiedere il permesso di soggiorno.

Il Giudice di pace di Genova aveva ritenuto un  cittadino senegalese responsabile del reato previsto dall'art. 10-bis del D.lgs. n.286 del 25 luglio 1998, per aver fatto ingresso o essersi comunque trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato,  e lo aveva condannato alla pena di  5.000,00 € di ammenda.

Avverso la predetta sentenza, l’imputato aveva  proposto ricorso per Cassazione, lamentando che non fossero state provati nel giudizio del merito né la data del suo ingresso, né la sua permanenza irregolare  nel territorio dello Stato.

Lo straniero aveva confermato di essere  provvisto di valido passaporto, tuttavia, aveva rilevato che, non avendo la sentenza impugnata accertato   l'eventuale titolarità del visto per l'ingresso, né la data del suo ingresso in Italia, il giudice del merito non avrebbe potuto  escludere la pendenza del previsto termine di tolleranza per la richiesta del permesso di soggiorno e, pertanto, non avrebbe raggiunto la prova della sua presenza irregolare nel territorio nazionale.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso.

La Suprema Corte ha ricordato come la contravvenzione prevista dall'art. 10-bis del  D.Lgs. n.286 del  25 luglio 1998 (1), con successive modifiche ed integrazioni, sanzioni  con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro  l'ingresso ovvero il trattenimento dello straniero nel territorio dello Stato.

A norma dell'art. 4, comma 1, del Testo Unico sull’Immigrazione, può  entrare nel territorio dello Stato lo straniero in possesso di passaporto valido, o documento equipollente, e del visto d'ingresso.

Il successivo art.5, commi 1 e 2, chiarisce, invece, che per il legittimo trattenimento in Italia, lo straniero deve richiedere il permesso di soggiorno al Questore della Provincia in cui si trovi entro otto giorni lavorativi successivi al suo ingresso nel territorio dello Stato.

Nel caso di specie, la sentenza aveva attestato che l’imputato fosse  in possesso di valido passaporto, senza chiarire nulla a proposito del visto d'ingresso, e si era limitata ad annotare che lo straniero fosse sprovvisto di permesso di soggiorno o di qualsivoglia altro documento idoneo a giustificare il suo soggiorno in Italia.

A detta della Cassazioni, tali circostanze confermavano la correttezza della censura mossa dal ricorrente in merito al mancato accertamento sia dell’illegittimo ingresso  nel territorio dello Stato, che dell'intervenuta scadenza del termine di otto giorni per richiedere il permesso di soggiorno.

La Suprema Corte, in proposito, ha rilevato che, per ritenere integrata la contravvenzione prevista e punita dall'art. 10-bis  del T.U. Imm., ove manchi certezza sulla data di ingresso  in Italia del cittadino straniero, nel caso in cui questi sia in possesso di valido passaporto,  non è possibile  presumere che sia  già scaduto il termine di otto giorni lavorativi dalla data di ingresso per richiedere il permesso di soggiorno (2).

Per tale ragione gli ermellini hanno disposto l’annullamento della sentenza impugnata, provvedendo a rinviare la causa allo stesso ufficio giudiziario del merito che, in diversa composizione, dovrà tener conto dei necessari accertamenti sulla posizione giuridica dello straniero nel nostro Paese.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;
(2)   – Cass., Sentenza  n.37051 del 30 settembre 2010; Cass.,Sentenza n. 27815 del 22 maggio 2013;

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