Il
Giudice di pace di Genova aveva ritenuto un cittadino senegalese responsabile del reato
previsto dall'art. 10-bis del D.lgs. n.286 del 25 luglio 1998, per aver fatto
ingresso o essersi comunque trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato,
e lo aveva condannato alla pena di 5.000,00 € di ammenda.
Avverso
la predetta sentenza, l’imputato aveva
proposto ricorso per Cassazione, lamentando che non fossero state
provati nel giudizio del merito né la data del suo ingresso, né la sua
permanenza irregolare nel territorio
dello Stato.
Lo
straniero aveva confermato di essere provvisto di valido passaporto, tuttavia,
aveva rilevato che, non avendo la sentenza impugnata accertato l'eventuale titolarità del visto per
l'ingresso, né la data del suo ingresso in Italia, il giudice del merito non
avrebbe potuto escludere la pendenza del
previsto termine di tolleranza per la richiesta del permesso di soggiorno e,
pertanto, non avrebbe raggiunto la prova della sua presenza irregolare nel
territorio nazionale.
Investita
della questione, la Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso.
La
Suprema Corte ha ricordato come la contravvenzione prevista dall'art. 10-bis
del D.Lgs. n.286 del 25 luglio 1998 (1), con successive
modifiche ed integrazioni, sanzioni con
l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro l'ingresso ovvero il trattenimento dello straniero
nel territorio dello Stato.
A
norma dell'art. 4, comma 1, del Testo Unico sull’Immigrazione, può entrare nel territorio dello Stato lo
straniero in possesso di passaporto valido, o documento equipollente, e del
visto d'ingresso.
Il
successivo art.5, commi 1 e 2, chiarisce, invece, che per il legittimo
trattenimento in Italia, lo straniero deve richiedere il permesso di soggiorno al
Questore della Provincia in cui si trovi entro otto giorni lavorativi successivi
al suo ingresso nel territorio dello Stato.
Nel
caso di specie, la sentenza aveva attestato che l’imputato fosse in possesso di valido passaporto, senza
chiarire nulla a proposito del visto d'ingresso, e si era limitata ad annotare
che lo straniero fosse sprovvisto di permesso di soggiorno o di qualsivoglia
altro documento idoneo a giustificare il suo soggiorno in Italia.
A
detta della Cassazioni, tali circostanze confermavano la correttezza della
censura mossa dal ricorrente in merito al mancato accertamento sia dell’illegittimo
ingresso nel territorio dello Stato, che
dell'intervenuta scadenza del termine di otto giorni per richiedere il permesso
di soggiorno.
La
Suprema Corte, in proposito, ha rilevato che, per ritenere integrata la
contravvenzione prevista e punita dall'art. 10-bis del T.U. Imm., ove manchi certezza sulla data
di ingresso in Italia del cittadino
straniero, nel caso in cui questi sia in possesso di valido passaporto, non è possibile presumere che sia già scaduto il termine di otto giorni
lavorativi dalla data di ingresso per richiedere il permesso di soggiorno (2).
Per
tale ragione gli ermellini hanno disposto l’annullamento della sentenza
impugnata, provvedendo a rinviare la causa allo stesso ufficio giudiziario del
merito che, in diversa composizione, dovrà tener conto dei necessari
accertamenti sulla posizione giuridica dello straniero nel nostro Paese.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero;
(2)
–
Cass., Sentenza n.37051 del 30 settembre
2010; Cass.,Sentenza n. 27815 del 22 maggio 2013;
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