Nel
caso in commento, sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano rigettato
la
domanda di una dipendente della Camera di Commercio, finalizzata al
riconoscimento della qualifica superiore per la supposta illegittima esclusione
dal sistema di valutazione per la progressione in carriera, dovuta ai suoi
periodi di assenza dal servizio per maternità.
In
particolare, il giudice dell’appello aveva rigettato il ricorso dopo aver
accertato che il Contratto Collettivo Decentrato subordinasse la progressione
in carriera relativa all'inquadramento rivendicato non
solo alla mera presenza in servizio, ma anche ad un’articolata
valutazione sulla quantità e qualità della prestazione lavorativa.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha ricordato come, ai fini della progressione
in carriera, la perfetta equivalenza fra i periodi di effettivo servizio e
quelli di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità non può determinare
la promozione della dipendente ove la contrattazione collettiva ricolleghi la
stessa a requisiti ulteriori rispetto
all'anzianità.
Richiamando
il suddetto principio, la Corte del merito aveva accertato che, per il diritto
all’avanzamento della posizione lavorativa, la contrattazione collettiva
decentrata prevedesse un’articolata
valutazione circa la quantità e qualità del servizio prestato.
Di
conseguenza, nessun fondamento poteva essere attribuito alla doglianza della lavoratrice,
in quanto, in base alla citata norma collettiva, la sussistenza del diritto
alla promozione doveva essere valutata
tenendo conto, oltre all’anzianità di servizio, anche della qualità e quantità
delle prestazioni svolte in azienda.
Per
le richiamate considerazioni, la Cassazione ha concluso con il rigetto del
ricorso.
Valerio
Pollastrini
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