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sabato 28 giugno 2014

Permessi per l’assistenza di persona con handicap

Nell’Interpello n.19 del 26 giugno 2014, il Ministero del lavoro ha fornito i chiarimenti richiesti dall’ANQUAP e dalla CIDA in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 33, comma 3,  della Legge n.104/1992 (1), concernente il diritto del lavoratore dipendente di fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito per l’assistenza al familiare con handicap in situazione di gravità.

In particolare, gli istanti avevano chiesto se l’estensione del diritto in argomento al parente o affine entro il terzo grado, prevista dalla disposizione sopra citata, possa prescindere dalla eventuale presenza nella famiglia dell’assistito di parenti o affini di primo e secondo grado che siano nelle condizioni di assisterlo, dovendo dunque essere esclusivamente comprovata una delle particolari condizioni del coniuge e/o dei genitori della persona in situazione di gravità richieste dalla norma stessa.

In via preliminare, il Ministero ha ricordato che la norma sopra richiamata prevede che “a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”.

La disposizione in esame, pertanto, chiarisce come  il coniuge ed il parente o affine entro il secondo grado siano i soggetti prioritariamente legittimati a fruire dei permessi per l’assistenza a persona in situazione di gravità.

Nei casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i 65 anni di età o  siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, invece, sarà un parente od affine entro il terzo grado a poter utilizzare i permessi.

Il Ministero ha poi  precisato che i permessi in argomento possano essere fruiti dal parente o affine entro il terzo grado anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano ad uno solo dei soggetti menzionati dalla norma.

Estendere il diritto al terzo grado solamente nel caso i cui  tutti i soggetti prioritariamente interessati si trovino nella impossibilità di assistere il disabile, finirebbe, infatti, per restringere fortemente la platea dei soggetti interessati.

Alla luce delle osservazioni svolte, dunque,  al fine di consentire la fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, della Legge n.104/1992 ai parenti o affini entro il terzo grado, basta solamente dimostrare che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla  norma, a nulla rilevando, invece,  il riscontro della presenza nell’ambito familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado.

Valerio Pollastrini


(1)   - così come modificato dall’art.24 della Legge n.183/2010;

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