In
particolare, gli istanti avevano chiesto se l’estensione del diritto in
argomento al parente o affine entro il terzo grado, prevista dalla disposizione
sopra citata, possa prescindere dalla eventuale presenza nella famiglia
dell’assistito di parenti o affini di primo e secondo grado che siano nelle
condizioni di assisterlo, dovendo dunque essere esclusivamente comprovata una
delle particolari condizioni del coniuge e/o dei genitori della persona in
situazione di gravità richieste dalla norma stessa.
In
via preliminare, il Ministero ha ricordato che la norma sopra richiamata
prevede che “a condizione che la persona
handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente,
pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità,
coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado
qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di
gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi
affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a
fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione
figurativa, anche in maniera continuativa”.
La
disposizione in esame, pertanto, chiarisce come il coniuge ed il parente o affine entro il secondo
grado siano i soggetti prioritariamente legittimati a fruire dei permessi per
l’assistenza a persona in situazione di gravità.
Nei
casi in cui i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto
i 65 anni di età o siano affetti da
patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, invece, sarà un parente od
affine entro il terzo grado a poter utilizzare i permessi.
Il
Ministero ha poi precisato che i
permessi in argomento possano essere fruiti dal parente o affine entro il terzo
grado anche qualora le condizioni sopra descritte si riferiscano ad uno solo
dei soggetti menzionati dalla norma.
Estendere
il diritto al terzo grado solamente nel caso i cui tutti i soggetti prioritariamente interessati si
trovino nella impossibilità di assistere il disabile, finirebbe, infatti, per
restringere fortemente la platea dei soggetti interessati.
Alla
luce delle osservazioni svolte, dunque, al
fine di consentire la fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, della Legge
n.104/1992 ai parenti o affini entro il terzo grado, basta solamente dimostrare
che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in
una delle specifiche condizioni stabilite dalla norma, a nulla rilevando, invece, il riscontro della presenza nell’ambito
familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado.
Valerio
Pollastrini
(1)
-
così come modificato dall’art.24 della Legge n.183/2010;
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