Nel
caso di specie, un’azienda, conformandosi alla
sentenza con la quale il giudice del lavoro, ritenendo nullo il termine apposto
al contratto, aveva ordinato la riammissione del dipendente nel posto di
lavoro, aveva invitato il lavoratore a riprendere servizio presso una sede
diversa da quella assegnata in origine.
Dopo
aver appreso che il dipendente non si era presentato in servizio, il datore di
lavoro ne aveva disposto il licenziamento per assenza ingiustificata.
Confermando
la decisione del Tribunale, la Corte di Appello aveva ribadito l’illegittimità
del recesso.
Secondo
la Corte territoriale, risultando illegittimo il trasferimento, il rifiuto
della prestazione da parte del lavoratore doveva ritenersi giustificato e,
pertanto, non avrebbe potuto dar luogo alla massima sanzione espulsiva.
Investita
della questione, la Suprema Corte ha premesso
come più volte, in passato, sia
stata chiamata ad affrontare la questione oggetto di causa (1).
In
tali circostanze la Cassazione ha affermato che l’ottemperanza del datore di
lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio per la nullità del termine apposto al
contratto, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il
cui reinserimento in azienda deve quindi avvenire nel luogo e nelle mansioni
originarie.
Naturalmente,
resta salva la facoltà del datore di lavoro di disporne il trasferimento ad altra unità produttiva, ma solamente nel caso in cui
sussistano le ragioni tecniche, organizzative e produttive richieste dall’
art.2103 del Codice Civile.
Diversamente,
il rifiuto del trasferimento da parte del lavoratore trova la sua giustificazione
nella eccezione di inadempimento (2).
Secondo
la ricostruzione compiuta dalla Corte di Appello, nel caso in commento è
avvenuto proprio quanto sopra richiamato.
L’invito
a riprendere servizio in una sede diversa da quella originaria, infatti, era
risultato privo di motivazione.
Correttamente,
il giudicante del merito aveva ritenuto nullo il provvedimento di modifica della sede di lavoro.
Conseguentemente,
a detta della Cassazione, a favore del lavoratore, sussistevano tutti i presupposti
per il rifiuto della prestazione, considerato, peraltro, che nella lettera di
risposta alla contestazione disciplinare inerente alla supposta assenza
ingiustificata il dipendente aveva esplicitato le ragioni per le quali non
aveva ripreso servizio nella nuova sede, offrendo, inoltre, attraverso la promozione
del tentativo di conciliazione, la
propria prestazione nella sede stabilita in origine.
Per
tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’illegittimità
del licenziamento.
Valerio
Pollastrini
(1)
–
Cass., Ordinanza n.27804/2013; Cass., Sentenza n.11927 del 16 maggio 2013; Cass.,
Sentenza n.27844 del 30 dicembre 2009;
(2)
-
Art.1460 del Codice Civile;
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