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sabato 14 giugno 2014

Nullo il trasferimento del lavoratore reintegrato in azienda

Nella sentenza n.13060 del 10 giugno 2014, la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo, se non adeguatamente motivato,  il trasferimento presso altra sede del lavoratore che, precedentemente, abbia ottenuto in giudizio la conversione del contratto a termine in  rapporto a tempo indeterminato.

Nel caso di specie, un’azienda, conformandosi alla  sentenza con la quale il giudice del lavoro, ritenendo nullo il termine apposto al contratto, aveva ordinato la riammissione del dipendente nel posto di lavoro, aveva invitato il lavoratore a riprendere servizio presso una sede diversa da quella assegnata in origine.

Dopo aver appreso che il dipendente non si era presentato in servizio, il datore di lavoro ne aveva disposto il licenziamento  per assenza ingiustificata.

Confermando la decisione del Tribunale, la Corte di Appello aveva ribadito l’illegittimità del recesso.

Secondo la Corte territoriale, risultando illegittimo il trasferimento, il rifiuto della prestazione da parte del lavoratore doveva ritenersi giustificato e, pertanto, non avrebbe potuto dar luogo alla massima sanzione espulsiva.

Investita della questione, la Suprema Corte ha premesso   come più volte, in passato, sia stata chiamata ad  affrontare  la questione oggetto di causa (1).

In tali circostanze la Cassazione ha affermato che l’ottemperanza del datore di lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio  per la nullità del termine apposto al contratto, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento in azienda deve quindi avvenire nel luogo e nelle mansioni originarie.

Naturalmente, resta salva la facoltà del datore di lavoro di disporne il trasferimento  ad altra unità produttiva, ma solamente nel  caso in cui  sussistano le ragioni tecniche, organizzative e produttive richieste dall’ art.2103 del Codice Civile.

Diversamente, il rifiuto del trasferimento da parte del lavoratore trova la sua giustificazione  nella eccezione di inadempimento (2).

Secondo la ricostruzione compiuta dalla Corte di Appello, nel caso in commento è avvenuto proprio quanto sopra richiamato.

L’invito a riprendere servizio in una sede diversa da quella originaria, infatti, era risultato privo di motivazione.

Correttamente, il giudicante del merito aveva ritenuto nullo il provvedimento di modifica della sede di lavoro.

Conseguentemente, a detta della Cassazione, a favore del lavoratore, sussistevano tutti i presupposti per il rifiuto della prestazione, considerato, peraltro, che nella lettera di risposta alla contestazione disciplinare inerente alla supposta assenza ingiustificata il dipendente aveva esplicitato le ragioni per le quali non aveva ripreso servizio nella nuova sede,  offrendo, inoltre, attraverso la promozione del tentativo di conciliazione, la propria prestazione nella sede stabilita in origine.

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’illegittimità del licenziamento.

Valerio Pollastrini

 
(1)   – Cass., Ordinanza n.27804/2013; Cass., Sentenza n.11927 del 16 maggio 2013; Cass., Sentenza n.27844 del 30 dicembre 2009;
(2)   - Art.1460 del Codice Civile;

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