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giovedì 12 giugno 2014

La rinuncia al mantenimento è valida anche se la donna abbia successivamente perso il lavoro

Nell'Ordinanza  n.12781, depositata il 6 giungo 2014, la Corte di Cassazione ha confermato la validità della rinuncia all’assegno di mantenimento, nonostante l’ex coniuge avesse in seguito perso il lavoro.

Secondo il prevalente indirizzo della  giurisprudenza di legittimità, l’assegno di mantenimento  non può essere negato in base alla sola circostanza che le parti abbiano pattuito nell’accordo di separazione che il marito nulla debba corrispondere alla moglie a tale titolo.

L’accertamento del diritto all'assegno divorzile, infatti, deve essere incentrato sul raffronto tra le condizioni economiche delle parti successive al divorzio, con il pregresso tenore di vita coniugale (1).

La Cassazione, infatti, ha sempre ritenuto nulla l’eventuale rinuncia preventiva all'assegno, in quanto, oltre che lesiva dell’art.160 del Codice Civile, contraria all'ordine pubblico.

Il diritto all'assegno di mantenimento è infatti considerato indisponibile, poiché espressione dei doveri di assistenza materiale e di contribuzione ai bisogni della famiglia (2), che permangono col venir meno della convivenza matrimoniale.

Tuttavia, nel caso di specie, la Suprema Corte ha rilevato come l’ex  moglie, che aveva rinunciato all’assegno nell'accordo di separazione, al momento della sottoscrizione dello stesso era casalinga e, in seguito, contrariamente a quanto dalla stessa ipotizzato, non solo non aveva ottenuto la stabilizzazione della sua attività lavorativa ma, addirittura, era stata licenziata.
 
La Cassazione ha quindi preso atto di come nessun fatto nuovo fosse stato allegato a fondamento della richiesta di modifica dell'accordo di separazione.

In sostanza, la donna,  casalinga al  momento della rinuncia al mantenimento, parimenti, era risultata in seguito priva di un lavoro.

Dal momento che l’accordo di rinuncia  non era condizionato al reperimento di un lavoro e la cessazione dell'assegno di mantenimento era stata fatta coincidere con la donazione alla donna, in sede di  separazione consensuale,  del 50 per cento della proprietà della casa familiare, la Cassazione ha confermato il diniego, in favore della stessa, dell’assegno.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - Cass., Sentenza n.1758/2008;

(2)   -  Sanciti dall'art.143 del Codice Civile;

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