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domenica 22 giugno 2014

Niente agevolazioni se il dipendente viene assunto dopo un periodo in nero

Nella sentenza n.9872 del 7 maggio 2014, la Corte di Cassazione ha ricordato che il datore di lavoro non può beneficiare delle agevolazioni contributive previste dall’art.8, comma 9, della Legge n.407/1990 per il dipendente regolarizzato dopo un iniziale periodo in nero.

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Palermo aveva confermato la sentenza con la quale il  Tribunale di Agrigento, aveva negato ad un datore di lavoro il diritto ai benefici contributivi di cui alla Legge n.407/1990, con riferimento alla posizione di un dipendente che, alla data della formale assunzione,  era risultato già in forza all’azienda con rapporto “in nero”.

Contro questa sentenza il datore di lavoro aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo che la norma sopra citata, nella sua formulazione letterale, preveda, quali uniche condizioni per l’erogazione del beneficio, l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi o sospesi dal lavoro o beneficiari della CIG per un periodo uguale,  mentre non richiede  il rispetto  delle disposizioni sul collocamento.

Il mancato rispetto di tale condizione, dunque, non comporterebbe  l’esclusione totale dal beneficio, ma solo una perdita commisurata ai periodi di inosservanza anche di una sola delle condizioni previste.

Secondo la tesi del ricorrente,  la circostanza che il rapporto di lavoro fosse sorto con il dipendente "in nero" non poteva costituire un ostacolo all'erogazione del beneficio, potendo al più determinare uno spostamento a ritroso del momento a cui fare riferimento per verificare la sussistenza dei suddetti requisiti, tanto più che il rapporto di lavoro già avviato prima della formale assunzione era intercorso con lo stesso datore di lavoro.

Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto prive di fondamento le censure mosse  alla sentenza impugnata.

Innanzitutto, la Suprema Corte ha ritenuto corretta, e dunque condivisibile, l'interpretazione fornita dal giudice del merito relativa alla disposizione di cui al comma 9° dell’art. 8 della Legge n.407 del  29 dicembre 1990.

La norma richiamata dispone che,  in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale da un periodo uguale a quello suddetto, quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi, i contributi previdenziali ed assistenziali sono applicati nella misura del 50 per cento per un periodo di trentasei mesi.

Per le  assunzioni effettuate da imprese operanti nei territori del Mezzogiorno, ovvero da imprese artigiane, non sono dovuti i contributi previdenziali e assistenziali per un periodo di trentasei mesi.

Si tratta di una disposizione che mira a contenere il costo del lavoro ed il tasso di disoccupazione, attraverso l’attribuzione al datore di lavoro della possibilità di usufruire di una riduzione dei contributi che sarebbe stato altrimenti tenuto a versare per ciascun dipendente.

Proprio in vista del fine di incentivare l’occupazione e, nel contempo, di evitare facili abusi da parte del datore di lavoro, la norma subordina questa agevolazione a rigidi requisiti, che attengono sia al lavoratore che all’azienda.

Per poter accedere al beneficio contributivo il dipendente deve essere disoccupato da almeno ventiquattro mesi o risultare sospeso dal lavoro e beneficiario di trattamento straordinario di integrazione salariale da almeno ventiquattro mesi, mentre il datore di lavoro, oltre ad effettuare l’assunzione con un contratto a tempo indeterminato, non deve avere  disposto licenziamenti o sospensioni di lavoro nei confronti di dipendenti in forza nella propria azienda.

Lo norma di riferimento prevede altresì l’istituzione in ogni Regione di un’apposita lista da cui effettuare le assunzioni con richiesta nominativa, secondo le modalità indicate con Decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

A tale proposito, il D.M. n.1557 del  22 marzo 1991 (1) ha demandato agli Uffici regionali del lavoro e della massima occupazione il compito di istituire un’apposita lista speciale nella quale iscrivere:

1) i lavoratori fruenti del trattamento straordinario di integrazione salariale non inferiore a ventiquattro mesi, secondo elenchi forniti dalle sedi periferiche dell’Inps, ovvero dalle imprese aventi alle dipendenze lavoratori fruenti di tale trattamento integrativo;

2) i lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi.

A detta della Cassazione, in questo contesto normativo, non può esservi dubbio che, ai fini della fruizione della riduzione dei contributi di cui all’art. 8, comma 9, della  Legge  n.407/1990, l'assunzione debba avvenire nel rispetto della norma su richiamata, ovvero attraverso la richiesta nominativa dall’apposita lista  costituita presso gli uffici regionali del lavoro e della massima occupazione.

Fuori da questa regola, infatti, non può dirsi esistente lo stesso stato di disoccupazione, il quale deve essere non solo reale - e tale non è quello del lavoratore che presti attività sia pure irregolare -, ma altresì certificato dalla sua iscrizione nella lista speciale regionale (2),  che conferisce certezza alla perduranza di tale stato per il tempo richiesto dalla norma.

Conseguentemente, l'assunto del ricorrente, secondo cui è sufficiente ai fini in questione il mero stato di disoccupazione e non anche il rispetto delle norme sul collocamento, è escluso dall’art. 8, come integrato dalla normativa di dettaglio di cui al Decreto Ministeriale su riportato.

Parimenti, non può essere condiviso l'ulteriore assunto del ricorrente, secondo cui la regolarizzazione successiva - peraltro solamente asserita - comporti la sanatoria delle riduzioni contributive.  Da tempo, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in difetto di una norma espressa in tal senso, la regolarizzazione dei contributi evasi non comporta la sanatoria delle riduzioni contributive non spettanti (3).

Per le ragioni appena richiamate, la Cassazione, confermando quanto disposto nella sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso, con conseguente condanna dell’azienda al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in 2.500,00 € per compensi professionali, 100,00 € per esborsi, oltre accessori come per legge.

Valerio Pollastrini

 
(1)   - intitolato "Formazione di liste speciali regionali per l'iscrizione di lavoratori in cassa integrazione e dei lavoratori disoccupati da assumere con richiesta nominativa";
(2)   - disciplinata dall’art. 2 del D.M. n.1557/1991;
(3)   - Cass., Sentenza n.4940 del 10 marzo 2004; Cass., Sentenza n.890 del 14 aprile 2010;

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