Da
tempo la giurisprudenza risulta concorde nel ritenere che il datore di lavoro, che motivi il recesso con
la soppressione del posto a cui era addetto il dipendente licenziato, ha l'onere
di provare l’impossibilità di adibire lo stesso ad altra posizione analoga a quella soppressa per l'espletamento
di mansioni equivalenti a quelle precedentemente svolte.
A
tal fine il datore di lavoro deve inoltre dimostrare di non avere
effettuato, per un congruo periodo di tempo successivo al recesso, nuove
assunzioni nella qualifica analoga a
quella del lavoratore licenziato.
Sempre
a proposito di questa fattispecie di recesso, nella pronuncia in commento la
Suprema Corte ha poi ricordato come, di recente, sia stato affermato che il datore di lavoro deve provare,
seppure attraverso semplici presunzioni,
l'impossibilità di adibire utilmente il dipendente anche in mansioni diverse da
quelle precedenti.
In
sostanza, per la legittimità del licenziamento per soppressione del posto di
lavoro, l’azienda deve dimostrare che l’atto di recesso rappresenta l’ extrema ratio.
Valerio
Pollastrini
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