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domenica 8 giugno 2014

Lettera di contestazione disciplinare priva del nome del lavoratore destinatario

Nella sentenza n.12195 del 30 maggio 2014, la Suprema Corte ha ritenuto valida la lettera di contestazione disciplinare notificata presso il domicilio eletto dal lavoratore, anche se sulla busta non era stato indicato il nome del destinatario.

Il caso di specie è giunto all’attenzione della Cassazione dopo che la Corte di Appello, modificando la sentenza di primo grado, aveva accolto il ricorso con il quale il dipendente di una banca aveva contestato la legittimità del licenziamento irrogatogli per i vizi formali presenti nelle lettere di contestazione disciplinare che avevano preceduto il recesso.

La Corte del merito, in particolare,  aveva rilevato  che una delle due lettere doveva essere considerata come  non regolarmente pervenuta, in quanto la busta risultava priva dell’indicazione  del nome del destinatario, contenendo solamente la denominazione di un club presso il quale il lavoratore aveva eletto il proprio domicilio.

A detta del giudicante, la divergenza tra le indicazioni della busta ed il destinatario della lettera,  aveva causato  il  venir meno della presunzione d'identità tra i due atti e quella di conoscenza della contestazione da parte del lavoratore, con conseguente illegittimità del licenziamento.

Investita della questione, la Cassazione ha però sconfessato la pronuncia di Appello, rilevando come quest’ultima avesse fondato la proprio decisione sul rilievo che l'indicazione del nome del club sulla busta escludesse il valido recapito della contestazione disciplinare.

La Corte territoriale, infatti, aveva erroneamente escluso che la circostanza che la lettera fosse stata materialmente consegnata alla figlia del lavoratore potesse avere qualche rilievo.

Richiamando il contenuto dell’art.1335 del codice civile, la Cassazione ha ricordato come ogni dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputi conosciuta nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, a meno che  questi non provi di essere stato, senza sua colpa, impossibilitato ad averne notizia.

Nell’accogliere il ricorso dell’azienda, la Suprema Corte ha preso atto che la lettera di contestazione fosse stata recapitata proprio nel luogo prescelto dal lavoratore.

Valerio Pollastrini

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