Il
caso di specie è giunto all’attenzione della Cassazione dopo che la Corte di
Appello, modificando la sentenza di primo grado, aveva accolto il ricorso con
il quale il dipendente di una banca aveva contestato la legittimità del
licenziamento irrogatogli per i vizi formali presenti nelle lettere di
contestazione disciplinare che avevano preceduto il recesso.
La Corte del merito, in particolare, aveva rilevato che una delle due lettere doveva essere
considerata come non regolarmente
pervenuta, in quanto la busta risultava priva dell’indicazione del nome del destinatario, contenendo solamente
la denominazione di un club presso il quale il lavoratore aveva eletto il
proprio domicilio.
A
detta del giudicante, la divergenza tra le indicazioni della busta ed il destinatario
della lettera, aveva causato il venir meno della presunzione d'identità tra i
due atti e quella di conoscenza della contestazione da parte del lavoratore, con
conseguente illegittimità del licenziamento.
Investita
della questione, la Cassazione ha però sconfessato la pronuncia di Appello,
rilevando come quest’ultima avesse fondato la proprio decisione sul rilievo che
l'indicazione del nome del club sulla busta escludesse il valido recapito della
contestazione disciplinare.
La
Corte territoriale, infatti, aveva erroneamente escluso che la circostanza che
la lettera fosse stata materialmente consegnata alla figlia del lavoratore
potesse avere qualche rilievo.
Richiamando
il contenuto dell’art.1335 del codice civile, la Cassazione ha ricordato come ogni
dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputi conosciuta nel
momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, a meno che questi non provi di essere stato, senza sua
colpa, impossibilitato ad averne notizia.
Nell’accogliere
il ricorso dell’azienda, la Suprema Corte ha preso atto che la lettera di
contestazione fosse stata recapitata proprio nel luogo prescelto dal
lavoratore.
Valerio
Pollastrini
Nessun commento:
Posta un commento